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LA VITA E L'OPERA
del Cardinale Alessio M. Lépicier O. S. M.
Gabriele
M. Roschini
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Innumerevoli ed altamente significativi gli elogi tributati a
voce ed in iscritto, da alte personalità, alla vita e all'opera del compianto
Cardinal Lépicier. Unica l'intonazione: « fu un grande! », fu un « uomo
superiore sotto tutti gli aspetti », « prelato piissimo, dottissimo », «
dotato di una squisita gentilezza di animo e di una signorilità senza pari
», «personaggio destinato a passare alla storia ». Tutti, poi, hanno
confermato uno ore l'elogio sintetico ma espressivo che ne fece il
Santo Padre Pio XI, nella Lettera Apostolica pel VII Centenario dell'Ordine
dei Servi di Maria, quando lo esaltò come «gloria dell'Ordine dei Servi di
Maria, del Sacro Collegio e di tutta la Chiesa».
Chi ha conosciuto intimamente il compianto Porporato; chi ha
avuto agio di valutare i grandi e veramente eccezionali tesori della sua
mente e del suo cuore; chi è stato testimonio domestico delle sue elette
virtù, della sua ardente passione per la scienza, per l'Ordine, per la
Chiesa, è ben lungi dal reputare esagerati simili elogi. È anzi pienamente
convinto che di lui si potrebbero ripetere quelle patetiche parole scritte
dall'Alighieri del celebre Romeo di Villanova :
se il mondo sapesse il cor
ch'egli ebbe,
— assai lo loda e più lo
loderebbe.
Basti uno rapido sguardo alla vita ed all'opera sua.
I.
La Vita.
1. Vita Piena.
La vita dell’E.mo Lepicier fu una vita piena. L’opinione pubblica su
questo punto, è confermata dalla più palpitante realtà. Un semplice sguardo –
necessariamente rapido – è più che sufficiente allo scopo. La sua
inesauribile attività nelle varie mansioni affidategli ed il campo in cui
essa si svolse lo misero in continui ed intimi rapporti coi personaggi più
celebri e più rappresentativi della Chiesa dell’ultimo secolo: Papi,
Cardinali, Vescovi, Prelati, scienziati, letterati, artisti. Cornice ampia e
preziosa, sfondo meraviglioso di un quadro dalle tinte più vaghe!
2. Nascita e primi anni.
Nato il 28 febbraio 1863 a Vancoulers,
nella terra sacra alla memoria dell’angelica Giovanna d’Arco, egli dimostrò
fin dall’adolescenza una spiccata inclinazione alla pietà e allo studio: una
pietà prevalentemente eucaristica che lo spingeva a recarsi spesso e quasi di
nascosto a visitare Gesù Sacramentato ai piedi del quale intese la chiamata
al Sacerdozio; ed uno studio diligente, assiduo, come ne fanno fede i vari
premi ottenuti. Cosa curiosa e più volte rilevata dall’E.mo Cardinale! Mentre
i suoi genitori davano tutti i loro figli del tu, a lui, il piccolo Enrico, davano del voi. Presentivano forse arcanamente la futura grandezza di quel
bambino che cresceva su gracile, con una salute debole, precaria?...
L’occupazione tedesca del 1870, spinse i suoi genitori a fargli impartire da
una Suora le prime lezioni di lingua tedesca, nella quale in seguito si
sarebbe perfezionato. Le Suore, considerata la sua diligenza, presero a ben
volerlo, e gli confezionarono un bellissimo abito cardinalizio da
chierichetto, abito che il piccolo Enrico indossava con grande soddisfazione,
la domenica, durante le sacre funzioni. Egli era il decano dei chierichetti.
A 11 anni terminate le scuole elementari, incominciò a frequentare il
Collegio di S. Giuseppe che avrebbe dovuto esser diretto, tre anni dopo, nel 1877,
dal p. Servita Ledoux, e lì incominciò a germogliare nell’animo
suo candidissimo la vocazione religiosa. Nell’età
in cui si svegliano la gioia del vivere e la sete di gloria il giovane Enrico
Lepicier chiede umilmente di entrare fra i Servi di Maria. La domanda è
accettata e il postulante viene destinato al Noviziato di Londra.
Superate tutte le difficoltà per
ottenere il consenso dei genitori, e specialmente del babbo il quale sulle
prime si era mostrato recisamente contrario, incominciarono i preparativi. La
preparazione del corredo – raccontava S. E. – diede luogo a scene
commoventissime da parte delle madre la quale nutriva un affetto tutto
particolare per il suo Enrico. Ogni capo del corredo fu bagnato dalle sue
lagrime. Intanto il giorno della partenza si avvicinava. La sera del 20
gennaio, la buona mamma lo condusse in Chiesa e lì ai piedi della statua
della Madonna, dinanzi alla quale aveva pregato S. Giovanna d’Arco, in un
impeto di fede, lo consacrò solennemente a Lei, pregandola a voler fare verso
di lui le veci sue e di non abbandonarlo giammai. La Madonna ascoltò la sua
preghiera. Era la preghiera di una madre rivolta ad un’altra Madre. La
mattina del 23 gennaio, festa dello Sposalizio della Madonna con S. Giuseppe,
dopo avere assistito alla S. Messa e ricevuto la S. Comunione, il giovane
Lepicier, per quella medesima porta per la quale era passata Giovanna,
lasciava Vaucouleurs, e se ne andava, come la Santa, là dove una vocazione
divina lo chiamava. Dopo una breve sosta a Parigi, giunse a Dieppe ove
s’imbarco per l’Inghilterra. Il mare era agitatissimo ed anche da Enrico
volle esigere il tributo. Raccontava S. E. che mentre il vascello era in
balia delle onde, egli cantava l’Ave
maris Stella!
3. Nel noviziato di Londra
Dopo un viaggio di circa 33 ore,
giunse finalmente a Londra ove il P. Coventry lo presentò al P. Priore
Apolloni. Presa un po’ di refezione fu condotto dal P. Priore nella sua
cameretta. Prima di coricarsi si ricordò che la sua premurosa ed affettuosa
mamma aveva cucito nel suo abito, in caso che ne avesse avuto bisogno, una
moneta d’oro di lire 10. Temendo di venir meno alla povertà religiosa, col
tenere presso di sé quella moneta, il fervoroso postulante pensò di gittarla
dalla finestra; ma, per quanto vi si provasse, non riuscì ad aprirla. Allora
si portò nel corridoio tutto buio. Mosso dal rumore, un giovane religioso
uscì di camera: era fra Pellegrino M. Stagni, il futuro Generale dell'Ordine,
e poi Arcivescovo di Aquila e Delegato Apostolico del Canada, e Terranova. Enrico gli consegnò tosto la famosa
moneta pregandolo di consegnarla al P. Priore. Fr. Pellegrino, ammirato di
quest'atto, gli rivolse parole piene
di benevolenza e lo tranquillizzò pienamente.
Il 1° marzo 1878 indossò con
vero trasporto l'abito dei Servi e dopo un esemplare noviziato, il 14 marzo
1879 faceva la professione semplice.
4. Nel Collegio di Vaucouleurs.
Dopo un anno di assenza, l'obbedienza
fece ritornare il religioso nella sua nativa Vaucouleurs. All'arrivo, il 19
marzo, era ad attenderlo l'affettuosissina sua madre la quale, abbracciandolo versò lagrime di
consolazione. Ma il giovane religioso « Mamma — disse — non sono più tuo!
Sono della Madonna! ».
A Vaucouleurs il giovane religioso
prestò un valido P. Ledoux, insegnando nelle classi elementari. « Impressionò
molto — scrisse l'Ab. Thiéry — per la sua gravita e pel suo gioioso distacco
da tutto ciò che seduce la nostra gioventù ».
5. A Londra e a Bognor.
Verso la fine di giugno dell'anno
seguente (1880) fu mandato nuovamente a Londra, ove si applicò con ardore
allo studio della Filosofia e della Teologia e vi fece rapidi progressi. Fu
verso quel tempo ch'egli incominciò a vagheggiare l'ideale
missionario. Dotato di fervida fantasia, compose in eleganti versi francesi
un poemetto intitolato « Il Martire del Congo » nel quale personificava se
stesso, Servo di Maria, missionario e Martire. Lo rivestì egli stesso di note
musicali e di tanto in tanto, nel silenzio della sua cameretta, dava
libero sfogo alla sua nobile passione col canto. Ma ben altre erano le disposizioni
della Provvidenza divina: non missionario, ma formatore, visitatore,
consolatore, animatore di Missionari.
Il 31 marzo 1882, festa
dell'Addolorata, si legava irrevocabilmente al servizio della Vergine SS.
con la professione dei voti solenni.
Verso il mese di settembre di
quell'anno (1882) fu mandato nel nuovo Convento di Bognor, ove dimorò due
anni, fino al febbraio 1884 quando giunse il tempo della chiamata al servizio
militare.
I suoi genitori bramavano ch'egli avesse
soddisfatto a quest’obbligo; ma i superiori di Londra, in previsione dei
grandi pericoli ch'egli avrebbe incontrato, vi si opponevano. Mentre
maggiormente ferveva il dissidio tra i genitori e i superiori intorno alla
sua sorte, capitò a Londra, in convento, ospite dei nostri Padri, l'Abate
Vico, Segretario della Nunziatura di Parigi. La conversazione venne a
cadere, naturalmente, su Fr. Alessio. Fu provvidenziale. Siccome il
clero secolare era ancora esente in quel tempo dal servizio militare, l'Abate
Vico propose come soluzione l'ingresso e la permanenza del giovane religioso,
per qualche tempo, nel Grande Seminario di Parigi, pur rimanendo religioso.
Egli stesso si sarebbe adoprato per ottenere i dovuti permessi sia da parte
dei Superiori di S. Sulpizio, sia da parte della Curia di Parigi. Questa
soluzione piacque moltissimo. E Fra Alessio ebbe immediatamente l'ordine di
prepararsi al suddiaconato e alla partenza per Parigi.
6. Nel grande Seminario di S. Sulpizio.
Il 2 marzo 1884 ricevette a Londra il
suddiaconato da quel santo Vescovo che fu Mons. Coffin, Redentorista, già
alunno del Cardinale Newman e convertito con lui al cattolicesimo. Il giorno
seguente parti alla volta di Parigi dove dall'Abate Vico fu presentato al
Nunzio Mons. Di Rende, poi Cardinale. I quattro mesi passati a S. Sulpizio
furono per lui preziosissimi. Oltre a frequentare i corsi regolari di
Teologia, potè ammirare la mirabile organizzazione e il non meno mirabile
funzionamento di quel Seminario modello e potè prender contatto col fior
fiore del clero parigino. La Provvidenza divina preparava il futuro
Fondatore e Rettore del Collegio Internazionale dell’Urbe. Prese anche parte
ai tanto rinomati catechismi di S. Sulpizio.
La sua dimora in questo celebre
Seminario contribuì non poco a far conoscere l'Ordine a cui apparteneva. Le
sue conversazioni sulle mirabili origini dell'Ordine, sulle feste proprie,
eccitarono la curiosità dei Seminaristi, riscuotendo la più grande simpatia.
Tanto più che egli continuava ad indossare la tonaca religiosa con le maniche
lunghe e ad usare il voluminoso breviario dell'Ordine, per cui veniva chiamato
il Seminarista dalle maniche lunghe e dal grosso breviario. Indescrivibile
la soddisfazione e la santa fierezza del giovane frate
quando la
mattina della festa
dell'Addolorata di Marzo, parecchi alunni andarono ad augurargli una ‘buona
festa!'.
Terminato l'anno scolastico, dopo una visitina a Vaucouleurs, il
giovane religioso, rinfrancato nello spirito e nel corpo, ritornò al suo
convento di Bognor.
7. L'ordinazione Sacerdotale e l'inizio del sacro ministero.
Nell'autunno del 1884, da Bognor fu mandato a Londra per riprendere
sotto il P. Soulier il corso Teologico e per impartire, nel medesimo tempo,
lezioni di filosofia ad alcuni giovani di quel professato. Il 21 marzo 1885
ricevette il Diaconato, e il 19 settembre di quel medesimo anno, dalle mani
di Mons. Weathers, Ausiliare del Card. Manning, ricevette il Sacerdozio. La
terza domenica di settembre, festa dell'Addolorata, col cuore pieno di
ineffabile gioia offri il suo primo sacrificio. Una settimana dopo,
nell'ottava nell'Addolorata, celebrò solennemente nella sua nativa
Vaucouleurs tra l'emozione dei parenti e specialmente della sua
affettuosissima mamma. La sera di quel giorno solenne, presenti i suoi
genitori, fece la sua prima predica sui dolori della Vergine SS. Quale
soggetto più attraente e più caro per un Servo di Maria?...
Ritornato a Londra, gli venne tosto assegnata una parte di
quella vasta parrocchia, il distretto di Chelsea che si estende fino al
Tamigi e che era popolato da gente poverissima. La mattina l'impiegava quasi
interamente nello studio e il pomeriggio era destinato alla visita dei poveri
nelle loro case. Amava sinceramente questo lavoro nel quale credeva di dover
passare molti anni. Ma la Provvidenza divina aveva disposto diversamente.
8. Formazione Romana.
Roma « caput mundi » l'attendeva. Fragrante ancora della divina
unzione sacerdotale, due mesi più tardi, chiamato dal P. Generale Testa,
insieme al P. Dourche, lasciava il Collegio di Londra e s'avviava alla volta
di Roma. Vi giunse nel novembre del 1885 e prese stabile dimora nel Convento
di S. Maria in Via. Da quel momento in poi l'eterna Città divenne la sua
seconda patria, la patria del cuore, ch'egli amò con intensissimo affetto. A
Roma, nell'Università di Propaganda, sotto la guida di quei celebri Professori che rispondono ai nomi
illustri del Corti, del Buti e degli E.mi Cardinali Satolli, Lorenzelli,
Sbarretti e Lauri, compì un corso di perfezionamento di filosofia e di
Teologia, conseguendovi poi brillantemente le due lauree. La vivacità del suo
ingegno, la penetrazione della mente, la prontezza della memoria, la
facilità, la proprietà e l'eleganza dell'eloquio richiamarono su di lui
l'attenzione dei suoi stessi Maestri e dei suoi numerosi condiscepoli. Il
Prof. Satolli attestava che il giovane P. Lépicier, fra i suoi numerosi e
valenti discepoli, era il più compito Tomista. e non di rado lo
destinava a sostituirlo nella cattedra. Mentre compiva regolarmente il corso
di perfezionamento nelle scienze filosofiche e teologiche, egli nutriva la
sua mente con altre scienze e specialmente con lo studio della letteratura
italiana, latina, francese, inglese, tedesca e spagnola, delle quali lingue
egli conosceva e riteneva a memoria non pochi brani dei più celebri poeti e
prosatori.
« Il discorso con S. Em. — è stato scritto in una Rivista —
scorre dolcemente. Domina la lingua di Dante, come fosse la lingua nativa.
Parla il francese con elegante signorilità parigina; l'inglese con la
scioltezza di un figlio di Albione; il tedesco e lo spagnolo non gli sono
sconosciute. Possiede il greco con sfumature di un classico; l'ebraico e le
lingue affini, per S. Em. non presentano difficoltà servendosi largamente per
i suoi svariatissimi studi ».
Conosceva assai bene anche la musica, l'harmonium, e si prestava
più che gli era possibile per le sacre funzioni, per l'insegnamento del
catechismo ai bambini della Parrocchia ed ai fratelli Conversi della
Comunità.
Nel 1888, egli ebbe l'ineffabile gioia di assistere alla solenne
canonizzazione dei Sette Santi Fondatori dell'Ordine, ed ebbe la fortuna di
conoscere il Servo di Dio P. Antonio Pucci e i più celebri Padri dell'Ordine.
Conseguì anche brillantemente, nell'Ordine, i gradi di Baccelliere, e poi di
Maestro in S. Teologia.
9. Sulla breccia. Maestro dei
Novizi.
Così, romanamente formato, la sera del 20 settembre 1890 festa
dell'Addolorata, ritornò in Inghilterra, e gli venne tosto affidato l'importante
e delicato ufficio di Maestro dei Novizi.
Spiegò tutte le sue fresche energie nella formazione spirituale
dei giovani religiosi. Il punto sul quale maggiormente insisteva era
l’attenta e devota recita dell'Ufficio Divino, atto così fecondo di frutti
spirituali non solo pei religiosi ma anche pei secolari che vi assistono. A
tale scopo era solito raccontare il seguente episodio. Un giorno, durante il
pranzo, fu chiamato al confessionale ed ascoltò la confessione di un uomo il
quale ne aveva fatte di tutti i colori. Era pero sinceramente pentito e
fermamente risoluto di incominciare una vita nova. Richiesto, dopo la
confessione, del motivo che l'aveva spinto a ritornare a Dio dopo esserne
stato tanto tempo lontano, rispose singhiozzando: « È stata la vista di tutti
quei giovani i quali con tanto fervore recitavano in coro le lodi divine. Il
grande contrasto tra la mia vita e quella di quei giovani, vita di preghiera
e di virtù, mi ha spinto a ritornare al Dio della mia gioventù ».
Mentre curava le anime, non dimenticava il corpo. Procurava loro
belle passeggiate, visite alle Chiese già possedute dai cattolici ed anche
qualche gita in mare sopra una barchetta presa a nolo. Ma un bel giorno poco
mancò che una di quelle gite in mare riuscisse fatale. I giovani, inesperti e
temerari, non vollero servirsi dell'opera del barcaiolo protestando che
avrebbero fatto anche senza di lui. Giunta la barchetta in alto mare,
sbattuta tremendamente dai flutti, incominciò a pericolare. Vivamente
impressionato, il Maestro proibì loro di andare oltre e comandò che uno solo,
fra i giovani, avesse guidato la barca. Ma, come suole accadere nei momenti
di agitazione e di smarrimento, poco o punto gli diedero retta, poiché
ciascuno cercava di far prevalere la propria opinione. E la povera
barchetta, intanto, capeggiava talmente che da un momento all'altro tutti
potevano essere inghiottiti dai flutti. Finalmente, come Dio volle, a stento
riuscirono a raggiungere la spiaggia tra la meraviglia della gente che aveva
seguito con lo sguardo la brutta partita. Giunti a casa, il Maestro non omise
di riprendere i suoi giovani per la loro temerità e presunzione, e dimostrò
quanto sia pericoloso voler comandare tutti insieme.
Verso la metà di agosto del 1891, spinto dal suo tenerissimo
amore per la Madonna, visitava il celebre santuario di Lourdes. Ne rimase
impressionatissimo. Ivi — diceva — si sente solamente la sovrana e materna
influenza della Madonna SS. che si crederebbe di vederla presente in mezzo
alle folle. Ah ! bisogna andare a Lourdes per imparare a recitar con fervore l'Ave
Maria !... Nel suo ritorno, passando per la nativa Vaucouleurs, prendeva
con sé il piccolo Giulio, suo fratello, — l'attuale P. Agostino — per
condurlo nel Noviziato di Bognor. Nei due anni del suo Magistero — anche per
consiglio del Card. Satolli il quale, prima di recarsi in America, volle far
visita al suo prediletto discepolo — ebbe agio di coltivare con vera passione
la Teologia ascetica e mistica, scienza indispensabile per la retta direzione
e formazione delle anime. Attese anche con zelo, per quanto glielo
permettevano le sue occupazioni, al ministero missionario, predicando
spesso, istruendo con amore i convertiti dal protestantesimo. Tra questi si
distinse Mister Holland, ex ministro Protestante, e primo Inglese, dopo la
riforma, il quale facesse la professione solenne fra i Certosini.
10. Il Professore.
Ma un religioso di tanta elevatezza intellettuale e morale non
poteva davvero rimanere a lungo nella luminosa cittadina del Canale. Roma lo
guardava, lo seguiva e l'attendeva. Nel
1892 il Prof. Satolli veniva inviato da Leone XIII Delegato
Apostolico negli Stati Uniti. Rimasta quindi vacante la cattedra di Teologia
Dommatica nell'Università di Propaganda, lo stesso S. Padre, per suggerimento
di Mons. Satolli, l'affidò al P. Lépicier. Nessuno meglio di questo giovane
ed ardente professore poteva corrispondere al vivo desiderio del Papa il
quale, tutto intento alla restaurazione del Tomismo, voleva fedelmente
seguito il Testo dell'Angelico. Il P. Lepicier lo conosceva già a perfezione.
Una Rivista Inglese scriveva, non è molto, ch'Egli « conosceva i grossi
volumi della Somma dell'Aquinate quasi come il Pater noster ». Non e
un'esagerazione. E cosi il 12 novembre
del 1892, dovette distaccarsi all'improvviso dai suoi cari novizi per
riprendere la via di Roma. Il tempo stringeva. Egli doveva salire
immediatamente l'importantissima cattedra, e quindi di costretto a preparare
la sua prima lezione in treno. Da Torino a Roma viaggiò in compagnia di Mons.
Richelmy, allora Vescovo di Ivrea. Giunto a Roma il 15 novembre, si stabili nello storico
Convento di S. Marcello. Il giorno seguente, 16 novembre, insieme al P. Generale
Corrado, fu ricevuto in privata udienza dal S. Padre Leone XIII. Il Papa con
un atto di benignità inconsueta, invece di tenerlo inginocchiato, lo fece
stare in piedi. Gli disse come l'aveva scelto, a preferenza di Sacerdoti del
Clero Romano, a Professore di Propaganda e rilevò il grande privilegio di
essere stato chiamato dal Papa stesso a Roma per lavorare a vantaggio della
Chiesa nella scuola e nelle Congregazioni Romane. Gli chiese poi qual metodo
avrebbe seguito nell'insegnamento. « Quello indicato dalla Santità Vostra — rispose il giovane
professore — camminando fedelmente sulle orme del mio predecessore Mons. Satolli ». Questa
risposta gli piacque molto, e con la sua voce maestosa gli disse: « Bravo!
». Quindi lo licenziò con questa parola: « Impegnatevi!» Questo
parola — raccontava S. E. — non l'ho mai dimenticata. Essa mi sostenne nell’arduo
cammino. Dopo l'udienza del S. Padre
Leone XIII diede tosto principio al suo insegnamento con un successo che andò
sempre crescendo. E per 21 anni, cioè fino al 1913, quando fu eletto Priore
Generale dell'Ordine, riversò senza risparmiarsi i tesori della sua mente e
del suo cuore nelle menti e nei cuori di migliaia a migliaia di discepoli
convenuti a Roma da tutte le cinque parti del mondo. « Io non credo —
scriveva l'Accademico Francese Giorgio Goyau — che vi siano al mondo molti
professori la parola dei quali abbia avuto echi cosi lontani, ripercussioni
così molteplici; allorché Egli cerca di viaggiare sul planisfero, i nomi dei
missionari che fondano o dirigono delle cristianità, si evocano senza posa
davanti alla sua memoria: fisionomie di allievi che altre volte accolsero le
sue discipline teologiche. Futuri confessori della fede, futuri martiri,
forse, dimorano nelle nevi del polo o sotto la canicola dell'Equatore, con i
figli della sua dottrina ch'egli ha codificato in 24 volumi ». La
sua scuola era un Tempio sacro al Dio
delle scienze; nessuno osava zittire; tutti, anche quelli che in qualche
altra scuola non mostravano tutta l'attenzione e la correttezza richiesta,
pendevano dal labbro dell'illustre professore. E le ore scorrevano come
minuti. Tra i suoi numerosi discepoli brillano nomi illustri. Egli ha visto
sfilare dinanzi alla sua cattedra una lunga teoria di futuri dotti, di
prelati, di Vescovi e di Cardinali.
Verso la fine del primo anno d'insegnamento, dai Superiori di
Propaganda. Mons. Camassei, Rettore, e Mons. Pietro Di Maria, Vicerettore,
gli veniva affidato l'incarico di organizzare una solenne disputa teologica
per celebrare il Giubileo Episcopale di Leone XIII. Accettò con entusiasmo, e
nel mese di luglio, in presenza di numeroso uditorio, composto di Cardinali,
Arcivescovi, Vescovi, prelati e religiosi, dopo aver letto una Dissertazione
sull'utilità dello studio della dottrina Tomistica, — la sua prima
pubblicazione — quattro giovani, da lui addestrati, argomentarono sopra un
tesario da lui preparato e stampato, riscuotendo il plauso comune. Alcuni
giorni dopo il S. Padre si degnò riceverlo in privata udienza insieme ai
giovani che avevano preso parte alla Disputa. Dopo avergli presentato una
copia della sua Dissertazione, gli fece un breve resoconto della disputa. Il
S. Padre volle sapere se avessero veramente seguito il metodo scolastico, e
alla risposta affermativa, si mostrò grandemente soddisfatto. Vedendolo così
ben disposto, il P. Lépicier si fece coraggio e gli chiese di conferire la
laurea in Teologia, ad honorem, ad uno dei suoi migliori alunni il
quale, per ragioni di salute, non aveva potuto presentarsi agli esami. Il
Papa allora chiamò ai suoi piedi quel giovane, gli domandò se avesse
veramente studiato con impegno e se prometteva di esser sempre fedele alla
dottrina di S. Tommaso. Dietro le risposte affermative, non tanto del
giovane, tutto confuso, quanto del suo professore, il Papa, alzandosi in
piedi, pronunziò con molta maestà queste parole: « Giacché questo è il primo
favore che Ci damanda il P. Lépicier, lo concediamo volentieri, ma non
transeat in exemplum ». Si rivolse quindi al P. Lépicier e gli chiese se
conosceva il P. Stagni e se credeva ch'egli avrebbe fedelmente insegnato la
dottrina di S. Tommaso. Gli rispose che lo conosceva benissimo avendo
convissuto molto tempo con lui, e che avrebbe corrisposto pienamente al suo
desiderio intorno all'insegnamento tomistico. Il Papa ne rimase molto soddisfatto,
e poi lo licenziò, insieme ai suoi alunni, impartendogli con affetto paterno
l'Apostolica benedizione. Dopo un periodo di ben meritate vacanze, verso la
metà di ottobre ritornò a Roma in compagnia del P. Stagni, destinato alla
cattedra di Filosofia nell'Ateneo di Propaganda. Così le due cattedre
principali di quel celebre Ateneo, quella di Dommatica e quella di Filosofia,
per benigna disposizione del Papa, vennero tenute con molto plauso da due
religiosi dell'Ordine. Lo stesso Pontefice, inoltre, dispose che il P. Lépicier
da S. Marcello passasse di famiglia a S. Maria in Via, ove avrebbe avuto un'abitazione
più comoda e dove — come disse il Papa – avrebbe potuto conferire più
facilmente col P. Stagni su quelle questioni di filosofia e di Teologia che
presentavano maggiore difficoltà. Tanta era la premura di Leone XIII per il
rifiorimento della dottrina dell'Angelico! Pur di ottenere l'intento,
non rifuggiva dall'interessarsi delle
cose più piccole e d'impartire disposizioni.
11. Attività multiforme.
La scuola — la quale pure impone un lavoro assiduo, assillante
— non esaurì la fervida attività del P. Lépicier. Fu infatti ripetitore, una
volta alla settimana, prima nel Collegio Canadese e poi in quello di
Propaganda; non trascurò il ministero della predicazione dando anche
Esercizi spirituali a qualche Collegio. Ebbe anche per alcuni anni l'ufficio,
per disposizione di Pio X, di Padre spirituale dell'Accademia dei Nobili
Ecclesiastici ove ebbe occasione di mettersi a contatto con molti che oggi
occupano posti distinti nella Diplomazia Pontificia, quali il Card. Maglione
e i Monsignori Pizzardo, Micara, Aloisi Masella ecc. Ogni domenica si recava
all'Accademia, teneva di tanto in tanto un discorso, ascoltava le confessioni
e prendeva parte alla mensa ed alla ricreazione.
Le varie Congregazioni Romane poi misero tosto a loro profitto
la sua vasta e profonda cultura, la conoscenza di parecchie lingue e la sua
ben provata esperienza. Fu, infatti, successivamente, Consultore
apprezzatissimo della S. C. dei Seminari e delle Università degli Studi
(1894), di Propaganda (1900), delle Indulgenze ecc, (1906), della
Concistoriale (1912), dei Religiosi (1914); fu Qualificatore del S. Ufficio
(1906); fu membro della Commissione per la revisiona delle Regole (1900), per
la revisione dei Sinodi (1904), per la codificazione del Codice di D. C.
(1904), della Pont. Comm. Biblici (1905), per la revisione dei libri proibiti
(1907), del Consiglio di Vigilanza contro gli errori moderni (1907), per
l'esame delle relazioni diocesane della Francia (1918), per l'esame del nuovo
Catechismo (1927), della Pont. Comm. per l'interpretazione del Codice di D. C
(1928), per l'esame delle condizioni di alcune Scuole Cattoliche; fu socio
della Pontificia Accademia di S. Tommaso (1893), di Religione Cattolica
(1895), dell'Immacolata Concezione; fu Teologo Canonista del Sinodo Armeno
(1911) ecc. A tutto questo, ed ai lavori straordinari che di tanto in tanto
gli venivano affidati dalla fiducia dal Santo Padre, si deve aggiungere il
gravoso e diligente lavoro dell'indice degli Atti di Leone XIII, che
egli stesso gli affidò e che comprende un
grosso volume in-8, il quale completa i 24 volumi degli scritti
Leoniani, lavoro che gli occupò ben due anni di tempo, e che fu preso poi
come modello per la distribuzione degli Indici degli « Acta Apostolicae Sedis
». Fu dopo un lavoro straordinario affidatogli e condotto a porto con
generale soddisfazione che il Card. Satolli, incaricato di presentare il
suddetto lavoro al S. Padre Leone XIII, gli rivolse quella espressione
dantesca :
Quando sarò innanzi al mio
Signore,
di te mi loderò...
Oltre al lavoro, che gli cresceva ogni giorno, il P. Lépicier,
sacrificando quasi sempre le ricreazioni e il passeggio, chiuso in una
cameretta, con una finestra prospiciente alla Chiesa di S. Nicola da
Tolentino, e quindi vicino a Gesù Sacramentato, fonte di calore e di luce,
trovava il tempo per pubblicare i suoi apprezzatissimi lavori teologici, per
i quali, dai Sommi Pontefici, ebbe molte lettere di elogio. Secondo il
consiglio di Orazio, solo dopo nove anni d'insegnamento « Nonum prematur
annum » incominciò le sue pubblicazioni teologiche col classico « Tractatus
de B. Maria V. » tanto lodato dal S. P. Leone XIII.
12. Il Collegio Internazionale
«S. Alessio Falconieri».
Quelle cure sollecite poste dal P. Lépicier nell'insegnamento
universitario, egli le prodigò con raddoppiato fervore nel fondare nel
novembre 1895 e nel dirigere poi per molt'anni, cioè fino al 1920, il
Collegio Internazionale di S. Alessio Falconieri di Roma, coll'intento di
impartire una istruzione superiore alle migliori speranze dell'Ordine,
riunite da tutte le Provincie, e poste sotto la sua sorveglianza immediata e
continua. Ed egli per lunghi anni prodigò veramente tutti i tesori della sua
mente e del suo cuore in favore dei beniamini della famiglia Servitana.
L'esatta e fedele osservanza delle regole e delle Costituzioni, e
specialmente l'attenta e devota recita dell'Ufficio divino e di quello della
Madonna, la lettura a Refettorio, la pratica settimanale del Capitolo delle
colpe, la vigilanza sugli studi con le ripetizioni in casa, le accademie
teologiche alle quali prendevano parte insigni personaggi come i Cardinali
Satolli, Boschi, Dubois ecc..., le passeggiate peripatetiche coi giovani, la
devozione a Gesù Sacramentato, alla Madonna, a S. Giuseppe, al Papa, la
pratica della conferenza spirituale e
tante altre industrie particolari atte a mantenere lo spirito di fervore,
erano i mezzi di cui largamente si serviva per formare i suoi giovani e per
rendere il Collegio S. Alessio una Comunità fervorosa, osservante, esemplare.
Per incombenza avuta dal P. Generale Pagliai, nell'estate del 1896 scrisse le
Regole per i chierici dell'Ordine. Queste regole, dopo essere state rivedute
da tutti i Maestri dei giovani, furono date alle stampe. Più tardi egli
stesso le tradusse in latino, e durante il suo Generalato le inserì nel
Manuale dei Chierici e Padri dell'Ordine.
Mentre attendeva ai giovani, non
trascurava i fratelli Conversi. Compose anche per loro un Orario e alcune
regole che poi furono stampate nel Manuale dei Conversi. Faceva loro ogni
tanto una visitina, e ogni settimana insegnava loro la Dottrina Cristiana.
Cercava poi dì precedere tutti con
l'esempio. Date le sue molteplici e gravi occupazioni, il P. Generale gli
aveva concesso di fare meglio che avesse potuto. Cercava di non mancare mai
all'ufficio della mattina, al Vespro e alla Compieta dopo mezzogiorno, e «
Benedetta » e preci dell'Ordine con l'esame di coscienza alla sera. Come
nutrimento spirituale, poi, s'industriava a ricavare e a raccogliere dal suo
insegnamento teologico quella larga messe di considerazioni e di affetti di
cui è campo fecondo, a beneficio suo e dei discepoli.
Eletto Generale, nel 1914,
incoraggiato dal S. Padre Pio X, volle stabilire le scuole in casa,
chiamandovi ad insegnare i migliori soggetti dell'Ordine. La serietà dell'insegnamento,
e le frequenti dispute e dissertazioni filosofiche e teologiche, alle quali
il ch.mo P. Lepicier invitava spesso i più illustri Prelati Romani, la
sezione dell’Accademia Pont, di S. Tommaso, rendevano il Collegio Internazionale
un vero centro di scienza e lo facevano crescere sempre più nella stima e
nella simpatia dei più illustri ed autorevoli ecclesiastici dell'Urbe. Molti
dei suoi numerosi discepoli ricoprono ora le più alte cariche dell'Ordine.
Né meno coltivata era la pietà e la
osservanza scrupolosa della Regola. Più volte il P. Lépicier ebbe a sentire
magnifici elogi, fatti da illustri personaggi, sull’edificante contegno e
sulla compitezza dei suoi giovani.
La sua piccola stanza, tutta
tappezzata di libri, argutamente chiamata da un illustre Prelato, per la sua
elevatezza, « nido d'aquila », nel corso di tanti anni è stata un vero gabinetto di consultazione universale:
illustri scienziati, Sacerdoti, Superiori di Ordini Religiosi, Monsignori,
Vescovi, Cardinali, vi affluivano continuamente, dai cinque continenti, in
cerca di luce e di consiglio. Sarebbe davvero interessante conoscere l'elenco completo di tutti questi
illustri visitatori.
13. Nel paese di Gesù.
Nelle vacanze 1907, ottenne dal Rev.mo
P. Generale il permesso di fare un devoto pellegrinaggio in Terra
Santa. Il 28 agosto, « solo soletto » — come diceva — dopo aver messo il suo
lungo viaggio sotto la protezione di S. Giuseppe in onore del quale aveva
voluto ascoltare in una Chiesa a Lui sacra la Messa, mise il piede trepidante
sul vascello che doveva condurlo ad Alessandria. Mentre attendeva, due
religiosi francescani (il guardiano della Flagellazione e il custode del
Getsemani) gli si fecero avanti e conosciuta la mèta del suo viaggio,
l'invitarono ad unirsi a loro. Non poteva desiderare di meglio. Con
indicibile godimento visitò Matariet, dimora della S. Famiglia in Egitto, il
Monte Carmelo, Gerusalemme, Nazareth ecc.
Il pensiero che Gesù stesso aveva
calcato quella medesima terra, aveva respirato quell'aria, aveva convissuto
con gli antenati di quel popolo, riempiva il suo cuore di gioia e d'ineffabile
allegrezza. Questa gioia e questa ineffabile allegrezza raggiunse il colmo
allorché il 15 settembre, festa dell'Addolorata, poté celebrare la S. Messa
sul Calvario, proprio nel luogo detto dello « Stabat » dove la Vergine SS.
assistette all'agonia ed alla morte del Figlio. Poteva immaginarsi cosa più
suggestiva per un Servo di Maria? «
Oh, quanto pregai allora per l'Ordine — esclamava S Cardinale — e come sento
di non poter mai ringraziare abbastanza il Signore per un sì segnalato
favore!».
A Nazareth, in quel luogo così caro,
ebbe la grata sorpresa d’incontrare i Monsignori Pietro Gasparri e Gaetano De
Lai che in quell’anno stesso dovevano essere elevati alla dignità
cardinalizia. Nell’attraversare con una barca il lago di Tiberiade, si
sollevò un vento fortissimo per cui, spaventato, si sentì istintivamente
spinto a ripetere con S. Pietro « Domine, salva nos, perimus! ».
Dopo aver provato tante soavi
emozioni, prese la via del ritorno e
verso i primi di ottobre sbarcò
a Napoli ove si trattenne qualche tempo. Di li potè visitare il celebre Santuario
di Pompei e Nocera dei Pagani, santificata dalla dimora di S. Alfonso e
arricchita dalle sue preziose reliquie.
Il ricordo del pellegrinaggio nel paese di Gesù, non ostanti i disagi e gli stenti ai quali dovette
sobbarcarsi, rimase sempre indelebile nell'anima sua e gli giovò molto pei
suoi studi sulla Sacra Scrittura.
14. Violenti attacchi da parte del modernisti.
Nel frattempo usciva la celebre enciclica « Pascendi Dominici
gregis » contro il modernismo, suscitando il tutto il mondo un rumore indescrivibile.
Il P. Lépicier, conoscendo quanto profonde radici avesse gettato il
modernismo, perfino a Roma, concepì il disegno di scrivere su questo
argomento mostrando quanto fossero perniciose le nuove teorie e quanto era
stato opportuno l'atto energico del S. Padre. Venne fuori così il celebre
trattato « De stabilitate et progressu dogmatis » che, travisato
malignamente da coloro che erano maggiormente colpiti, suscitò tanto
scalpore e tante ire in tutte le parti del inondo, specialmente in Germania,
nella Spagna e negli Stati Uniti d'America. Questa violenta alzata di scudi
era capeggiata dal famigerato Protestante Paolo Sabatier, divenuto il
«leader» dei Modernisti. Si prese occasione, o meglio, il pretesto,
principalmente da ciò che il P. Lepicier, citando S. Tommaso, afferma sul
diritto della Chiesa sopra ili eretici. Il vero motivo, abilmente celato, era
di coinvolgere nella medesima condanna tutto ciò che in quel libro, con tanta
chiarezza e sodezza, veniva detto contro il modernismo. Per ottenere il suo
scopo, Paolo Sabatier si servi della « Presse associée » per mezzo della
quale, in meno di 48 ore, nel settembre 1909, tutti i giornali anticlericali del
mondo riprodussero, con poche varianti, un articolo apparso sul «Messaggero»
di Roma. In questo articolo, senza far punto menzione del contenuto del
libro, si riportava, malamente e malignamente tradotto, quello che si dice
del famoso « ius gladii ». Gli giunsero, quindi, contemporaneamente, da tutte
le parti del mondo, articoli virulenti nei quali veniva rappresentato come un
carnefice (!) pronto ad uccidere tutti gli eretici!... E quanti, in buona
fede, vi cedettero! Quante lettere gli giunsero chiedendo spiegazioni!... Da Breslavia ricevette una lettera in cui si diceva
che, se si fosse trovato li in
quei giorni, sarebbe stato impiccato al primo lampione!... Perfino la
Segreteria di Stato ricevette fiere proteste in proposito.
Ritornato a Roma da Weissenstein, dove aveva passate le vacanze,
trovò che tutti parlavano di questo affare, e trovò anche alcuni carabinieri
in guardia permanente alle porte del Collegio S. Alessio per ovviare a
qualsiasi eventualità. Qualche Cardinale credette bene avvisarlo
confidenzialmente dell'ingrossare della tempesta e di mettersi bene in
guardia. Nel medesimo giorno in cui mori il Cardinale Satolli (6 gennaio
1910), apparve nel giornale modernista francese « L'Italie » un articolo
virulento in cui si faceva un paragone assai odioso ed ingiusto tra il
Cardinale Satolli e il P. Lépicier suo discepolo.
Nel vedere così cinicamente travisato il suo libro, il P.
Lépicier si vide costretto a scrivere l'Opuscolo « Appendix ad
tractatum de De stabilitate et progressu Dogmatis » per mettere a nudo le
brame nefande dei modernisti. In esso, dopo aver richiamato il vero scopo di
quel libro, — la confutazione sistematica del modernismo — rivendica
nuovamente alla Chiesa il vessato « ius gladii » e dimostra come essa,
essendo una società perfetta, deve avere tutti i mezzi necessari per la
propria difesa. Ma i modernisti, secondo il loro solito, non fecero nessun
conto di queste chiare ed esplicite dichiarazioni e continuarono a
combatterlo e a mentire[1].
È rimasta celebre l'alzata di scudi avvenuta a Siena dopo la chiusura del
Congresso Eucaristico del 1923. La mattina dell'8 giugno, in tutti gli
angoli della città, si videro affissi manifesti a caratteri cubitali nei
quali si metteva in guardia il popolo di Siena contro l'ingerenza dei preti e
specialmente di quel famigerato P. Lépicier (aveva tenuto una conferenza al
Clero sulla devozione verso la SS. Eucaristia) il quale aveva avuto l'ardire
di pubblicare in un suo libro che la Chiesa aveva il diritto di uccidere,
come selvaggina, gli eretici !... I Sacerdoti di Siena con a capo Mons.
Vescovo si fecero un dovere di presentare le loro sincere condoglianze
all'intrepido campione della verità così satannicamente assalito e
vituperato. Siccome lo scandalo era stato assai grave, il P. Lépicier scrisse subito un articolo per
mettere le cose al loro posto; ma era tale e tanto il panico che il giornale
cattolico di Siena non osò pubblicarlo. La massoneria internazionale e il
modernismo, pel timore esagerato dei buoni, cantarono trionfo. Ma la
Provvidenza benignamente dispose che il P. Lépicier avesse la rivincita. E
l'ebbe allorché, più tardi, in occasione di un altro Congresso Eucaristico,
nello splendore della porpora Romana, fu solennemente ossequiato da tutta la
cittadinanza con a capo le autorità civili e militari.
Il S. Padre Pio X nel prezioso autografo inviato al P. Lépicier
in occasione del suo Giubileo sacerdotale (1910) non omise una benevola
allusione alla fiera campagna mossagli dai modernisti.
15. Il Congresso Eucaristico Internai, di Montreal.
L'8 luglio 1910, dietro invito dei suoi affezionatissimi alunni
Canadesi i quali vollero ricoprire le spese del viaggio, accompagnato da
Mons. Curotte, partiva, per la prima volta, per il nuovo mondo « che il
genovese divinò ». Arrivato a New York il 25 luglio, festa di S. Anna, dopo
qualche giorno proseguì per Montreal ove doveva celebrarsi il Congresso
Eucaristico Internazionale. Fu accolto con grande entusiasmo dai suoi antichi
alunni. Nei due mesi in cui dimorò nel Canada, poté visitare molti luoghi. A
Québec fu ospite del Card. Begin. L'8 settembre, sotto la presidenza del
Card. Vannutelli, fu aperto il solenne Congresso Eucaristico. Al P. Lépicier
era stato affidato dal Comitato il tema : « Le relazioni di Maria SS. col SS.
Sacramento ». Lo svolse magistralmente. Dopo il Congresso, fece una breve
visita ai nostri Conventi degli Stati Uniti, ed ebbe anche l'occasione di
incontrare tanti suoi ex alunni. A Buffalo, avendo egli detto casualmente che
non aveva ancora preso il biglietto per il ritorno, i suoi ex alunni si
riunirono in una sala attigua e lì per lì radunarono la somma necessaria pel
viaggio. A Boston, l'Arcivescovo stesso Mons. O' Connel, oggi Cardinale,
volle presiedere l'adunanza degli antichi studenti di Propaganda i quali
ebbero il gentile pensiero di offrirgli un prezioso orologio. Giunto a Roma,
venne a sapere che nella Segreteria dì Stato era stato deciso ch'egli fosse
mandato come Delegato Apostolico nel Canada, ma che il S. Pio X vi si era
opposto non tollerando ch'egli si fosse allontanato da Roma ove avrebbe
potuto prestare maggiori servigi alla Chiesa. Fu mandato in sua vece il suo
confratello e collega d'insegnamento Padre Stagni, già Arcivescovo di Aquila.
Riprese quindi con ardore l'insegnamento prendendo la cattedra di
Sacramentaria, lasciata da Mons. Lauri, ed affidando quella di dogmatica al
R. P. M. Giuseppe M. Ducceschi.
16. Visitatore Apostolico
nell'Inghilterra e nella Scozia.
Nel maggio del 1911. venne chiamato improvvisamente dal Card. De
Lai, il quale gli comunicò che il S. Padre aveva deciso di affidargli una
missione assai delicata e laboriosa in Inghilterra, dove, tra le altre cose,
avrebbe dovuto stabilire tre provincie ecclesiastiche, Westminster, Liverpool
e Birminghan. Quest'atto solenne venne compito nel nostro Convento di Fulham
Road, ove il P. Lépicier aveva preso dimora, ed ove furono visti affluire i
Vescovi d'Inghilterra. Dopo cinque mesi di dimora in Inghilterra, ritornò a
Roma ove riprese le sue lezioni alla Propaganda.
Nel giugno dell'anno seguente (1912), chiamato alla S. Congregazione
Concistoriale, il sostituto Mons. Rosa gli fece noto ch'egli era stato
designato Visitatore Apostolico delle Diocesi della Scozia. Partito con la
benedizione del S. Padre e del Card. Merry del Val, accompagnato dal P.
Benetti, giunse a Londra l'8 luglio, e il giorno seguente ad Edimburgo. Nel
corso delle sue peregrinazioni attraverso la Scozia non omise di visitare le celebri
Abbazie benedettine e cistercensi che ancor oggi sono là a testificare la
fioritura della vita cattolica in quella nazione. Ritornato a Roma, presentò
il suo rapporto alla S. Congregazione Concistoriale, e ben presto venne nominato
Delegato Apostolico della Scozia senza obbligo dì residenza in quel paese,
con l'incarico di seguire tutti gli avvenimenti connessi con la religione e
di essere come mediatore fra la Scozia e la S. Sede.
17. Moderatore supremo
dell'Ordine.
Dopo aver disimpegnato con plauso gli uffici di Consultore Generale
e di Procuratore Generale, nel Capitolo Generale, radunato a Firenze nel 1913, sotto la presidenza del Card.
Gennai, il p. Lepicier – plaudente Ecclesia — venne eletto Priore
Generale dell'Ordine. « I Servi di Maria — disse un giorno il compianto Card.
Gasparri hanno avuto un buon naso nell'eleggere Generale il P. Lépicier ».
Illustrare le opere svolte dal P. Lepìcier durante i sette anni
burrascosi (era il luttuoso periodo della Guerra) del suo Generalato, non è
cosa troppo facile. Visitò le varie Provincie dell'Ordine, presiedendo ai
Capitoli Provinciali, e intraprendendo un viario negli Stati Uniti e nel
Canada proprio nel periodo più forte della guerra sottomarina. A quanti
pericoli si trovò esposto!
Prese inoltre saggi provvedimenti per i Religiosi chiamati al servizio
militare, sia durante il servizio, sia dopo.
Un'altra opera che renderà sempre memorabile il generalato del
P. Lépicier, è la pubblicazione del Bollettino ufficiale della Curia: « Acta
Ordinis Servorum » in cui vengono raccolti, ogni trimestre, tutti gli atti
ufficiali e più importanti dell'Ordine.
Durante il suo generalato, furono erette due nuove provincie.
l'Inglese e la Veneta; furono aperte le Missioni del Brasile, nell'Alto Acre
e Purùs, e vi fu destinato come Prelato S. Ecc. Mons Prospero Gustavo
Bernardi, Vescovo tit. di Paltò.
Dinanzi alla morte poteva candimente scrivere: « Ho la coscienza
di avere intensamente amato l'Ordine, di aver lavorato e patito per il
medesimo e di averne desiderato e cercato l'incremento ».
Nel maggio 1920, il Rev.mo P. Lépicier, libero dal gravissimo
peso del governo dell'Ordine, potè ritornare ai diletti suoi studi ed all’insegnamento.
Insegnò, infatti, nel Collegio Internazionale di S. Alessio Falconieri e nel
Pont. Collegio Beda. Nel medesimo tempo gli vennero affidate dal Santo Padre
incombenze delicatissime e di grande vantaggio per la Chiesa.
Ma il Signore lo destinava a cose sempre più eccelse per la sua
maggior gloria.
18. Nelle sterminate regioni
dell'India.
Il 19 maggio 1924, il P. Lépicier veniva consacrato Arcivescovo
tit. di Tarso, e veniva destinato Visitatore Apostolico delle Indie
Orientali. Il missionario della scuola e della penna, diventava anche,
finalmente, missionario di fatto.
Partito da Napoli insieme al suo Segretario P. M. Ildebrando M.
Calvani, dei Servi di Maria, il 15 settembre 1924, vi sbarcò di ritorno il 2
marzo 1926. « In questo frattempo — scrisse il P. Calvani — visitò 40 tra
Archidiocesi, Diocesi e Prefetture Apostoliche, percorrendo tutto l'immenso
continente dal Capo Camorin all'Himalaya, da Bombay ai confini della Birmania
e spingendosi anche all’isola di Ceylon. Da calcoli approssimativi risulta
che egli percorse oltre 25 mila chilometri di ferrovia, senza contare alcune
migliaia di chilometri percorsi in automobile oppure in piroscafo attraverso
i grandi numi. Per le distanze minori furono spesso adoperati altri mezzi di
trasporto meno comodi, ma certo più poetici, come il caratteristico rikccjò,
vetturetta trainata da un uomo, il dundee, portantina a spalla di quattro
uomini, il bullok-car, la rikta, l'elefante e perfino il dorso d'un uomo...
Considerando l'età non più giovane del Visitatore (aveva 62 anni), la sua
delicata costituzione, il caldo soffocante, e il cambiamento continuo di
ambiente, di letto, di cibo, si rimane meravigliati come egli potesse tener
fronte alla fatica quotidiana di ricevimenti, di udienze faticosissime, di
cerimonie e di tutto l'immenso lavoro che portava con sé la Visita
Apostolica...
La Missione di Mons. Lépicier era di natura delicatissima e a
lui erano stati affidati problemi di non facile soluzione. Il suo programma
si può rilevare dalia lettera ch'egli scrisse ai Vescovi nel lasciare
l'India, nella quale insistette su tre punti vitali: 1°. l'educazione della
gioventù; 2°. la formazione del clero indigeno; 3°, le missioni tra gli
infedeli...
Non è esagerato il dire che la missione di Mons. Lepicier in India
ha segnato un'era nuova in quell'immenso continente...
Fu tale la fama della sua eloquenza, soda di dottrina, calda di
affetto, che persino i dirigenti dell'Università Indù di Benares lo pregarono
a visitare il loro Istituto e tenere
un discorso ai giovani».
19. Visitatore Apostolico in Etiopia.
Un anno
dopo il suo ritorno dall’India, il S. Padre lo inviava nuovamente Visitatore
Apostolico in Eritrea e in Abissinia. Partito da Roma insieme a R. P. Taucci
O.S.M., Segretario, la sera del Venerdì Santo del 1927, vi ritornava, carico
di allori, dopo circa due mesi.
« Sia benedetta la tua venuta, — gli scrivevano collettivamente
i preti indigeni della provincia dei Bogos, — tu hai scrutato i nostri
segreti, ed hai curato le nostre piaghe, dimostrandoti sanatore efficace
delle piaghe dei cuori.
« E ciò lo diciamo senza menzogna, bensì informati delle riforme
che fai, affinchè sia salda l'unità ».
Ma più che le parole parlano i fatti: dopo quella visita, la S.
Sede elesse un Vescovo indigeno nella persona di abba Kidane Mariam Cassai,
che è il primo vescovo etiope indigeno cattolico dopo vari secoli; ampliò il
Collegio etiopico in Roma, fondò il primo nucleo di monaci etiopi
nell'abbazia di Casamari, per poi continuare la vita monastica in Etiopia,
concesse larghi miglioramenti ai preti indigeni, pose l'Etiopia sotto l'alta
giurisdizione del Delegato Apostolico dell'Egitto; estese gli studi nel
Seminario di Eritrea e si interessò ancora efficacemente per ottenere altri
vantaggi a quella promettente Missione.
Una delle visite più interessanti fu quella fatta al famoso monastero
di Debré-Bizen, abitato da circa 300 monaci Copti, eritrei, situato
all'estremità della catena di montagne all'ovest dell'Eritrea. Fu un grande
avvenimento per l'Abissìnia. Fin dal secolo V, vige un regolamento severo, in
virtù del quale nessuna persona, sia re che imperatore, può entrare nel recinto
del monastero a cavallo. Il Priore, considerando che questo luogo non
poteva essere visitato da un personaggio più illustre del Delegato del Papa,
decise che questa regola, fedelmente sempre osservata, fosse violata in una
circostanza cosi memoranda. E cosi, mentre tutti scendevano a terra,
Monsignor Lépicier rimase sulla sua cavalcatura sino alla porta del
monastero.
20. L'elevazione alla Porpora.
L'umile religioso si avvicinava allo zenit della gloria.
Dati i suoi meriti eccezionali, a nessuno, tranne che all'interessato, arrecò
sorpresa la notizia della sua elevazione alla porpora avvenuta nel
Concistoro di dicembre del 1927.
L'annunzio di questa elezione non è privo d'interesse.
Era la mattina del 28 novembre 1927. Alle ore 11,30, mentre
stava studiando nella sua cameretta, bussò alla sua porta il fratello
converso e lo avvisò che il Card. Gasparri desiderava parlargli. Scese subito
e lo trovò in piazza S. Nicola da Tolentino, dentro la sua vettura, vestito
con abiti di cerimonia. Alla domanda rivoltagli da Mons. Lépicier che cosa
volesse significare tanta solennità, egli tutto serio, rispose: «È capace di
mantenere un segreto?... Un segreto di confessione?». « Farò tutto il
possibile » rispose Mons. Lépicier. Allora egli in tono mezzo serio e mezzo
scherzoso soggiunse: « Nel prossimo Concistoro il Papa la farà Cardinale ! ».
E gli intimò nuovamente il più rigoroso silenzio. « Anzi — soggiunse
celiando — quando domani i suoi frati leggeranno la notizia su «
L'Osservatore Romano », Ella faccia l'étonné e dica: « Almeno
avrebbero potuto dirmi qualche cosa ! ». Dopo aver ringraziato il Cardinale,
Mons. Lépicier si ritirò in camera ove si umiliò dinanzi al Signore. Appena
pubblicata la nomina, si portò a ringraziare il S. Padre il quale, per dissipare
ogni dubbiezza, gli disse: « Questa promozione l'abbiamo fatta con la mente e
col cuore ».
Lo splendore della Porpora non penetrò affatto nell'anima sua
che continuò ad essere quella di prima: delicata, ingenua, dolce, amichevole,
un'anima che, nell'affacciarsi agli occhi metteva in essi qualche cosa di
squisitamente paterno. Il giorno stesso in cui gli fu imposto dal S. Padre il
galero rosso, fu visto uscire da solo, vestito da religioso, e
rientrare in casa attorniato da alcuni bambini ai quali egli spiegava
amabilmente il catechismo. I bambini lo seguirono fino al suo appartamentino,
dove, in premio della loro diligenza, ricevettero alcuni dolci. Quindi il
Cardinale indossava gli abiti prelatizi e scendeva in una sala del Pont.
Collegio Armeno per la solenne consegna del galero rosso. Indimenticabile
il discorso che egli fece in quella solenne occasione. « E una volta —
incominciò a dire — l'abbiamo già usato questo galero rosso. Rimane da usarlo
ancora un'altra volta: dopo la mia morte, quando sarà deposto sopra il mio
tumulo ». Era un significativo riconoscimento della vanità di tutte le umane
grandezze...
L'anno seguente il S. Padre lo nominava Prefetto della S. C. dei
Religiosi.
21. Legato Pontificio ad
Orleans, a Cartagine e a Malta[2]
Per ben tre volte, nel breve periodo di nove anni, il S. Padre
Pio XI, con crescente benevolenza
sceglieva l'Eminente Prelato a rappresentare, quale Legato, la sua
Augusta Persona, a Orleans, nel 1929, in occasione delle Feste Centenarie di
S. Giovanna d'Arco, a Cartagine, nel 1930, in occasione del Congresso
Eucaristico Internazionale, e a Malta, nel 1935, in occasione del 1°
Concilio Regionale. In tutte queste onorifiche legazioni Egli portò sempre e
ovunque il fascino di una personalità universalmente apprezzata ed affettuosamente
venerata.
II.
La
fisionomia morale.
Dell'E.mo Cardinale Lépicier, io credo si potrebbe ripetere,
fatte le debite proporzioni, l'elogio che del Card. Federico Borromeo scrisse
il Manzoni: « Fu uno degli uomini rari in ogni tempo, che abbiano impiegato
un ingegno egregio, un intento continuo nella ricerca e nell'esercizio del
meglio. La sua vita è come un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia,
senza ristagnare ne intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni,
va limpido a gettarsi nel fiume ».
1. L'uomo di fede.
La vita del Card. Lépicier, come quella del giusto, fu vita sopratutto
dì fede. Di una fede che elevava quasi di continuo la sua mente a Dio. Nell'uscire
di casa o nel rientrarvi era raro il caso in cui non facesse la sua visitina
al padrone di casa, a Gesù Sacramentato, o non si genuflettesse per breve
tempo dinanzi alla statua del suo caro S. Giuseppe, tutta circondata dalle
medaglie meritate dai suoi giovani nei vari concorsi. Il Crocifisso, come per
S. Filippo Benizi, come per S. Tommaso, fu il suo gran libro. Oltre ad averlo
sul tavolo di studio, dinanzi agli occhi, ne aveva un altro di più modeste
dimensioni — quello ricevuto nella cerimonia della vestizione religiosa —
ch'egli teneva a portata di mano e che ogni tanto, specialmente dinanzi alle
difficoltà, egli prendeva, affettuosamente baciava implorando luce e
conforto. Lo deponeva poi, come sigillo, sopra ogni pagina ch'egli scriveva,
quasi per metterla sotto la protezione di Colui per la sola gloria del quale
egli l'aveva dettata. Il suo spirito di fede lo commoveva, spesso, fino alle
lagrime nella celebrazione del sacrosanto
sacrificio Eucaristico, di cui Egli aveva penetrato la sublimità e l'altezza
delle ricchezze con una intuizione impareggiabile.
La sua vivissima fede gli faceva vedere e servire nel Papa la persona
stessa di Cristo, « il dolce Cristo in terra ». E dopo ognuna delle
innumerevoli udienze si vedeva tutto raggiante di gioia e pareva non sapesse parlare di altro
che del Papa. Con quanta soddisfazione dell'animo suo comunicava, dopo ogni
udienza, ai suoi affezionatissimi familiari, la benedizione del S. Padre!...
Come appariva contento quando aveva trovato il Papa contento, e come si
dimostravi afflitto quando l'aveva trovato un po' afflitto!...
Il suo spirito di fede gli faceva vedere in tutto, nella gioia e
nelle pene, nelle esaltazioni e nelle umiliazioni, le mirabili e soavi disposizioni
della Provvidenza divina, la mano soavemente paterna di Colui « che atterra e
suscita, che affanna e che consola ». Dopo una gravissima umiliazione subita
alcuni anni fa, egli non ebbe una sola parola di lamento; si limitò soltanto
a ripetere: « Bonum mihi Domine quia umiliasti me ».
Anche nell'ultima grave malattia che l'ha portato alla tomba, in
mezzo alle pene che lo straziavano, mai si è permesso una sola parola di
lamento o di sfogo, neppure con i suoi più intimi. Unica, ripetuta sua
esclamazione fu questa: « Vedete quanto ci vuoi bene il Signore, essendosi
degnato di chiamarci a fargli compagnia nelle pene ». A chi gli chiedeva come
stesse, rispondeva: « Dominus voluit contenere eum in infirmitate ». Mentre
il suo corpo si disfaceva, l'anima sua si elevava sempre più a Dio ed alla
contemplazione delle cose divine.
2. Umile ed alto.
Mirabile, in lui, l'accoppiamento della grandezza, e di una grandezza
tutt’altro che comune, con l'umiltà e
la semplicità più profonda. Egli infatti percorse sempre, alacremente si, ma
con umiltà e semplicità di spirito, le luminose vie tracciategli dalla mano
della Provvidenza divina. E poteva asserire con sicura coscienza: « Non ho
mai cercato nulla!... Non mi sono fatto mai avanti!».
Un episodio. Nell'udienza accordata da Leone XIII ai Padri del Capitolo
Generale celebrato a Montesenario nel 1895, il P Lepicier presentò al S.
Padre una copia del suo lavoro sulle Indulgenze. Il S. Padre la gradi molto e
incominciò a raccontare come precisamente in quel giorno (18 luglio), più di 50
anni prima, egli stesso aveva sostenuto una pubblica disputa su
quell'argomento contro il Professore di Dommatica di allora. Poi gli domandò
se avesse accettato di far parte della Commissione da poco istituita per
l'esame della validità delle ordinazioni anglicane. Ma il P. Lepicier,
guardando essenzialmente più all'onere che all'onore, pregò caldamente il S.
Padre a volerlo dispensare, non sentendosi sufficientemente preparato, con
studi storici e teologici, per affrontare e risolvere un problema cosi grave.
Grazioso e significativo l'episodio avvenuto nei primi anni del
suo insegnamento. Fu fatto il suo nome come Consultore del Sant'Ufficio. A
questo scopo il P. Generale Corrado lo invitò un giorno ad accompagnarlo
presso il Commissario, P. Graniello, affinchè questi avesse agio di fare la
sua personale conoscenza. Ammessi alla presenza del Commissario, il P.
Generale, celiando, lo presentò a lui come un nemico acerrimo delle
dottrine di S. Tommaso. Il P. Commissario, non avendo compreso la celia,
rispose dicendo che la dottrina di S. Tommaso non era tutta di fede e che si
trovava del buono anche in altri sistemi. « Siccome non toccava a me rilevare
l'abbaglio preso — ricordava S. E. — tacqui e partimmo lasciando il buon
Padre nella ferma persuasione che fossi un oppositore delle dottrine
tomistiche ». E così la nomina a consultore del S. Ufficio andò a
monte; venne, invece, un anno dopo, per il P. Stagni. Ben lungi dal
rammaricarsene, il P. Lépicier ne ringraziò il Signore, vedendo
nell'accaduto un tratto della sua amorevole Provvidenza, poiché le occupazioni
del nuovo ufficio non gli avrebbero dato agio di coltivare, come doveva, gli
studi teologici. Tanto era lungi il P. Lepicier, dal bramare e dall'andare a
caccia di uffici e di onori!
La sua sincera umiltà faceva piegare amabilmente, continuamente
la sua grandezza verso i fanciulli, verso i poveri e gli umili. A nessuno
egli negava la sua buona parola, il suo dolce sorriso. Rimarranno indelebili
nella mente e nel cuore dei ricoverati e del personale di servizio, le
affabilissime visite ch'egli faceva ai vecchi del ricovero di S. Pietro in
Vincoli. Incantava.
Degli elogi, ben meritati, non faceva gran caso. Penetravano il
suo orecchio ma si fermavano alla porta del cuore. Sembrava non lo
riguardassero. Dava l'impressione ch'egli li ascoltasse non per provarne piacere
egli stesso, ma unicamente per far piacere agli altri. Più volte ebbe a
dichiarare che le lodi a lui tributate egli le indirizzava senz'altro a Colui
a cui solo si deve ogni onore e ogni gloria. La sua delicatezza, la sua
finezza d'animo era tale che lo spingeva ad imporsi, si può dire, uno studio
continuo sul modo di far piacere ai suoi simili, sul modo di diffondere la
gioia nei cuori. Aveva pensieri delicati per tutti, era pieno di delicate e
continue attenzioni per tutti. Personalità anche di altra fede religiosa,
non sono riuscite a trattenersi dall'esclamare: « È il più compito gentiluomo
che abbiamo conosciuto! ». Gli episodi — ed i più caratteristici — abbondano.
3. Il Cardinale della Madonna.
Ma la nota dominante della sua vita, quella che le ha dato l'intonazione
è Maria, di cui si è dimostrato sempre fedelissimo Servo. « Dopo Dio — così
abbiamo letto nel suo testamento spirituale — tutto devo alla Nostra Madre
Santissima Maria, che sempre mi ha condotto per la mano, che non mi ha mai
abbandonato nei momenti più tristi della vita e che è stata l’ispiratrice di
quel po' di bene che ho potuto compiere. Oh! si degni Essa introdurmi nel
Paradiso per contemplarla in eterno col suo Divin Figlio! ».
Piena la mente, pieno il cuore di Colei che era la sua dolce Sovrana,
Egli non poteva fare a meno di parlare e di scrivere di Maria. E ne ha
parlato tanto, ne ha scritto tanto e così bene! Egli è il « Dottore Mariano » dei nostri tempi. « Non potete
immaginare — diceva — quanto il popolo cristiano goda nel sentir parlare di
Maria!
Non enim habet amaritudinem conversatio
illius, sed laetitiam et gaudium.
Oh potessi morire col suo dolce
nome sulle mie labbra ! ». Raccontava poi un grazioso episodio accadutogli
nella città universitaria di Cambridge durante le vacanze del 1894. Era il
giorno dell'Assunta. Invitato a tenere un discorso sulla solennità, accettò
ben volentieri. La mattina seguente, mentre saliva in treno per ritornare a
Londra, si precipita sul suo carrozzone un giovane facchino, e rivolgendosi
a lui, disse ad alta voce, in modo che tutti sentissero: « Vi ringrazio delle
belle cose che avete detto ieri sera sulla nostra Madre celeste; avevo
condotto con me parecchi miei amici protestanti, e son rimasti tanto commossi
».
A lui si deve l'invocazione della Vergine col titolo di « Regina
delle Indie». Egli assistette al Primo Congresso Mariano di Livorno, svoltosi
nell'agosto del 1895. Prese parte attiva al Congresso Mariano di Torino del
1898, a quello di Firenze, al Congresso Internazionale Mariano di Roma nel
1904, e al Congresso Mariano Nazionale di Portland, organizzato dai Servi di
Maria Americani in occasione del VII Centenario dell'Ordine. Solo un amore ardentissimo
per la Vergine e per l'Ordine suo poteva spingere il vecchio Porporato ad intraprendere
un viaggio così lungo, così faticoso, in pieno periodo estivo. Egli era
veramente « il Cardinale della Madonna », come veniva assai spesso, e con sua
grande soddisfazione chiamato.
Indossò sempre, con vero sentimento di devozione, l'abito nero
dato dalla Vergine SS. ai VII SS. Fondatori in memoria dei suoi ineffabili
dolori. Frequentemente lo baciava. Anche nell'ultimo giorno della sua vita,
quantunque impossibilitato a muoversi, supplicò ripetutamente i suoi familiari
a rivestirlo dell'abito religioso della Madonna. Ma la sua estrema debolezza
impedì di accontentarlo.
4. Il Testamento spirituale.
Ci piace riportare qui il suo testamento spirituale, scritto sul
Montesenario, nella festa dì S. Bonaventura del 1931. Esso da un discreto
risalto alla fisionomia spirituale del grande Prelato, poiché ci rivela i
sentimenti dell'animo suo di fronte all'ultimo passo:
« In nomine Domini Nostri Jesu Christi. Amen. Avvicinandosi
sempre più il giorno in cui dovrò rendere conto a Dio delle azioni della mia
vita, primieramente sento il dovere dì ringraziarlo di tanti favori e grazie
dalla Sua mano paterna ricevuti, e particolarmente di avermi fatto nascere da
genitori cristiani, di avermi procurato il vantaggio di una educazione buona
e di avermi chiamato allo stato religioso e sacerdotale. Anzi, non
considerando che la Sua infinita bontà ha voluto pur innalzarmi alla dignità
vescovile e cardinalizia. Oh! M sia dato di cantar in eterno le misericordie
del Signore.
« In pari tempo. Gli chiedo umilmente perdono per tutti i mie
peccati e per tutte le negligenze mie nel Suo servizio, in romper delle
quali, e per maggiormente uniformarmi a Gesù Cristo Signor Nostro, accetto fin
d'ora, con pienissima rassegnazione, quel genere di morte che a lui piacerà,
con tutte le angustie e i dolori che l'accompagneranno.
Accetto pure, in spirito di penitenza, quelle pene del Purgatorio che a Lui
piacerà decretarmi.
« Dopo Dio, tutto devo alla Nostra Madre Santissima Maria, che
sempre mi ha condotto per la mano, che non mi ha mai abbandonato nei momenti
più tristi della vita e che è stata l'ispiratrice di quel po' di bene che ho
potuto compiere. Oh! Si degni Essa introdurmi nel Paradiso per contemplarLa
in eterno col Suo Divin Figlio.
« Devo pure ringraziare il mio S. Angelo Custode e i miei santi
Protettori, fra i quali primeggiano il glorioso S. Giuseppe e i nostri Santi
Fondatori.
« Essendo stato per molto tempo Superiore dell'Ordine, domando
umilmente perdono se in qualunque modo durante il mio generalato avessi
contristato qualche confratello. Ho tuttavia coscienza di avere intensamente
amato l'Ordine, di aver lavorato e patito per il medesimo, e di averne
desiderato e cercato l'incremento. La mia ultima raccomandazione è che si
ispiri ai nostri giovani un simile amore e un attaccamento profondo alle
nostre tradizioni, specie per ciò che riguarda la devozione alla Madonna
Santissima Addolorata. E in questo medesimo Ordine desidero morire,
raccomandandomi alle preghiere dei miei confratelli ».
III.
L'Opera.
L'attività scientifica dell'E.mo Lépicier nel campo delle
scienze umane e divine ha quasi dell'incredibile. Egli potrebbe ripetere di
se stesso quelle parole di S. Beda: « aut discere aut docere, aut scrivere
dulce semper habui ». E noi potremmo ripetere di lui ciò che fu detto
dello Spallanzani: « I suoi lavori sembrano rappresentare piuttosto
l'operosità di un corpo scientifico che quella di un solo individuo ».
Il Santo Padre, nell'elogio ch'Egli fece per la cerimonia
dell'imposizione della Berretta Cardinalizia, vedeva « la figura dell'E.mo
Lépicier quasi appoggiata ad una imponente pila, colonna di libri da lui
scritti ».
Egli ha veramente irradiato di sua purissima luce tutto lo scibile
umano e divino. Ne sono testimoni autorevoli le numerose lettere di elogio
ricevute dagli ultimi quattro Sommi Pontefici. La sola enumerazione
delle sue pregevoli opere costituisce un mirabile elogio. Egli ci apparisce
un vero principe della scuola e della penna.
1. Nel campo scritturistico.
Abbiamo
dieci volumi, vale a dire:
1) Diatessaron seu Concordia Quatuor
Evangeliorum, « in unum redactorum cum notis ac dilucidationibus theologicis,
exegeticis, historicis et ethnographicis — Vol. I. Ab Incarnatione ad secundum Pascha vitae
publicae D. N. I. C. — Vol. II. A secundo Paschate vitae publicae D. N. I. C.
ad festum Encaeniorum post secundum Pascha. — Vol. III. A festo Encaeniorum
post secundum Pascha, ad historiam Passionis et Mortis D. N. I. C. — Vol. IV.
Ab historia Passionis et Mortis D. N. I. C. ad eius gloriosam Ascensionem...
».
2) In actus Apostolorum Commentarius :
Vol. I, cap. I-XVI. — Vol. II, cap. XVII-XXVIII.
3) In Psalmos
Commentarii.
Duo vol.
4)
In Epistolam S. Pauli ad Hebraeos Commentarius.
5)
In librum Cantici Canticorum Commentarius.
Sono commenti che nascondono veri tesori di scienza e di pietà.
In essi la tecnica letteraria e pedagogica nella distribuzione e disposizione
della materia è impeccabile. La ricerca e la esposizione del senso, anche il
più recondito dei libri divini è appassionata, diligentissima, felicissima. I
raffronti, le differenze di parole e di significato, le nuove prove e i nuovi
argomenti vi abbondano.
Alle molteplici questioni dommatiche sono bellamente ed opportunamente
intrecciate interessanti riflessioni morali ed ascetiche, esposte in un
latino terso ed elegante.
Alle suddette opere ascetiche, l'instancabile Autore stava per
aggiungere il Commentarius in Epistola S. Pauli ad Romanos ed era già
arrivato agli ultimi versetti. Ma... su la dotta pagina « cadde la stanca man
».
2. Nel campo dommatico.
Abbiamo le sue Institutiones Theologiae Dogmaticae ad textum
S. Thomae le quali constano di ben 25 grossi volumi, compendiati in altri
tre volumi.
1) Tractatus de Sacra Doctrina, seu. de Stabilitate et progressu
dogmatis,
3ª ed. 2) Tractatus de Deo uno; pars. I: De
pertinentibus ad divinam essentiam, nova ed. 3) Pars II. De pertinentibus ad
divinam operationem. 4) Tractatus de SS. Trinitate, nova ed. 5) Tractatus
de Angelis ; pars I : De substantiis spiritualibus in se consideratis...
6) Pars II : De substantiis spiritualibus relate ad mundi regimen
consideratis. 7) Tractatus de opere sex dierum. 8) Tractatus de
prima hominis formatione, nova ed. 9) Tractatus de gubernatione rerum cum
App. de Theosophia.
10) Tractatus
de habitibus et virtutibus. 11) Tractatus de peccato originali, nova
ed. 12) Tractatus de Gratia, nova ed. 13) Tractatus de Incarnatione
Verbi: pars I: De ipso Incarnationis mysterio, nova ed. 14) Pars II: De
consequentibus unionem et de his quae Christus egit et passus est, nova ed.
15) Traclatus de B. V. Maria Matire Dei. Ed. 5 notabiliter aucta. 12)
Tractatus de S. Joseph. Sponso Beatissimac Virginis Mariae, 3ª ed. 17) Tractatus de Sacramente in
communi. 18) Tractatus de Sacramentis Baptismi et Confirmationis. 19)
Tractatus de Sanctissima Eucharistia, pars I : De Eucharistia ut est
sacramentum, 2ª ed. 20) Pars II: De
Sacrosanto Sacrificio Eucharistico, 2ª ed.
21) Tractatus de Sacramento Poenitentiae, de Excommunicatione et de
Indulgentìis. 22) Traclatus de Extrema Unctione et de Ordine. 23)
Tractatus de Sacramento Matrimonii. 24) Tractatus de Novissimis. 25)
Index generalis oporis theol. 26) Compendium totius cursus
institutionum theologicarùm speculativarum ad textum S. Thomae Aquinatis
concinnatarum. Tria volumina. 27) Traitè de S. Joseph, Epoux de
la très Saint Vierge.
28) La stessa opera in
latino. 29) Studia sacra.
Le opere teologiche dell'E.mo Lépicier sono contraddistinte da
una indiscutibile ed indefettibile fedeltà alla dottrina del Sommo
Aquinate, attinta — secondo i precetti di Leone XIII — dalle stesse fonti di
Lui. S. Tommaso, verso cui ebbe un culto inesprimibile, è stato sempre « il
suo Maestro, il suo autore ». Egli è un tomista puro, integrale, totalitario,
libero dalle sovrapposizioni di qualsiasi scuola. La Somma Teologica,
specialmente, gli era diventata così familiare da poter indicare subito a
memoria la questione, l'articolo e le parti dell'articolo in cui veniva
trattato qualsiasi argomento teologico. La mia dottrina — ripeteva spesso Sua
Eminenza — non è mia, è di S. Tommaso: mea doctrina non est mea.
L'alta stima che l'E.mo Autore nutriva verso S. Tommaso, apparisce
evidente da tre opuscoli: 1) Sacrae Doctrinae Thomistae studii utilitas
demonstrata; 2) San Tommaso, Dottore universale della Chiesa e 3) Studia
Sacra. Quest'ultima operetta costituisce una perfetta Ratio Studiorum.
Mette in piena luce la necessità di seguire il Testo di S. Tommaso
e i grandi vantaggi che ne derivano.
La fedeltà più assoluta e il più sicuro rispetto al metodo, alla
dottrina ed ai principii dell'Angelico Dottore fanno riflettere
sull'Opera del Cardinale Lepicier tutte le insigni prerogative di questo Sole
della Chiesa Cattolica; sicurezza di dottrina, limpidezza di
esposizione.
Sicurezza di dottrina, innanzitutto, derivata da quella profonda
venerazione verso i Libri Sacri, verso le definizioni dei Concilii e verso
gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa. Giustamente un
Eccellentissimo Vescovo qualificava l'Em.mo Lepicier, come auctor tutissimus.
La sua fedeltà all'unico grande Maestro, gli da modo di pronunciarsi
con tanta precisione su tutte le questioni, anche le più discusse, evitando
il nocivo metodo di proporre agli alunni sul medesimo piano, con vano sfoggio
di erudizione, le varie sentenze dei teologi, senza far conoscere quid rei
veritas habeat. Dietro l'esempio dell'Aquinate, nessuna questione egli
lascia in sospeso. Giustamente egli ritiene che non v'è metodo più indegno
d'un Maestro di lasciare nell'indecisione lo spirito del suo discepolo.
Altra prerogativa della dottrina tomistica è la limpidità di
esposizione. Ogni trattato dell'Aquinate forma un tutto talmente ordinato
che ciascuna parola si trova al suo posto; ogni particolare è illuminato dal
posto che occupa nell'insieme, e, a sua volta, rischiara l'insieme a causa
del posto che occupa. Le sue questioni, i suoi articoli, i suoi paragrafi, le
sue proposizioni, le sue parole sono come raggi di luce che discendono da un
centro luminoso e a questo centro luminoso risalgono, ciascun raggio si
trova molto accosto al raggio vicino pur essendo da questo nettamente
distinto: si aggiunge ad esso per accrescerne maggiormente la luce, fino a
formare il sole.
L'opera di S. Tommaso è un organismo vivente. È impossibile
cambiarla o mutilarla anche in minima parte senza nuocere al suo carattere
essenziale. Bisogna prenderla, dunque, tale quale Egli, il Maestro, ce l'ha data. Così ha fatto l'Eminentissimo Lepicier. Egli ha
seguito passo passo il testo stesso del
suo Maestro illustrandolo, difendendolo, aggiornandolo, con tale trasparente
chiarezza da abbagliare la mente dello studioso.
Possiamo dire senza ombra di esagerazione che il Corso Teologico
dell'E.mo Lepicier è uno di quelli che più perfettamente corrispondono alle
direttive della Santa Sede la quale ha prescritto la « Somma Teologia » come testo
di scuola, non come testo di consultazione, integrato
dall'esposizione dell'ordine meraviglioso delle questioni e degli articoli e
dalla parte positiva.
3. Nel campo filosoflco.
Ci ha lasciato le opere seguenti:
1) L'opera dei sei giorni secondo la tradizione e la scienza;
Parte I : II mondo, Opera di Dio ; Parte II : I viventi corporei 2ª ed. notevolmente aumentata. 2) Dell'anima umana separata
dal corpo, suo stato, sua operazione, 3ª
ed. 3) Del miracolo, sua natura, sue leggi, sue relazioni con l'ordine
soprannaturale, 3ª ed. 4) institutionum
logicalium, P. I. auctore Fr. Mag.
Gherardo Baldi, O. S. M., edidit et notis locupletavit
Fr. Alexius M. Lepicier.
5) Le meraviglie eucaristiche alla
luce della filosofia cristiana. 4) De Anima Humana tanquam forma
substantiali corporis.
In tutte queste opere l'E.mo Lepicier si rivela filosofo acuto,
equilibrato, profondo. Egli esamina spassionatamente tutte le varie questioni
agitate dalle varie correnti della filosofia contemporanea, prendendo
posizione con profondità e chiarezza di vedute, con sodezza e precisione di
dottrina. Anche la sua personale ricerca è rilevante, come è rilevante
l'aver saputo conciliare la più rigida fedeltà alla dottrina di S. Tommaso
con la più ampia comprensione di tutto ciò che di vero si riscontra nelle
moderne ricerche filosofiche e scientifiche. Egli ha attuato mirabilmente la
direttiva dell'Immortale Leone XIII: « completare, cioè, gli insegnamenti
tradizionali con le nuove scoperte e con i nuovi ritrovati scientifici ».
4. Nel
campo dell'apologetica.
Ci troviamo dinanzi a due poderosi lavori: 1) Les indulgentes,
leur origine, nature et développement.
Sono due volumi tradotti poi in italiano e in
inglese (4ª ed.): 2) The Unseen
World, an exposition
of Catholic Theology in its relation to Modern Spiritism.
3ª Ed..
Di quest'opera — giudicata da molti la più completa e sicura in tale difficile materia — abbiamo
la traduzione in olandese, in italiano « Il Mondo invisibile » (2ª Ediz.) ed in francese.
5. Nel campo dell'ascetica.
Indelebile l'impronta lasciata dalla sua pietà in un numero considerevole
di opere ascetiche, ciascuna delle quali ci si presenta conio un vero
capolavoro. Basti semplicemente elencare: 1) Gesù Cristo, Re dei nostri
Cuori, 2ª ed. E’ tradotto in francese, in inglese e in tedesco :
2) The Mystery of love.
Thirty considerations on the Blessed Eucharist, with
examples. È tradotto anche in Italiano ; 3) Sacerdos Alter Christus.
L'Eucaristia,
centro di vita e di attività sacerdotale. E tradotto in lingua spagnola ed
inglese; 4) II più bel fiore del paradiso. Considerazioni sopra le
litanie mariane. Con esempi per ciascun giorno. 4ª ed. È tradotto in francese (2ª ed.) in tedesco, in inglese (2ª ed.), e in ispagnolo; 5) L'Immaculèe Mere de Dieu Coredemptirice
du genre humain. È tradotto anche in tedesco; 6) Maria Immacolata,
Corredentrice, Mediatrice ; 7) Relations de la tres Saint Vierge avec
le tris Saint Sacrement. È tradotto anche in italiano : 9) Maria,
vita, dulcedo, et spes nostra... in morte; 10) Il Giglio d'Israele. Considerazioni
sopra la vita di S. Giuseppe Sposo di Maria Santissima, con esempi. (3ª ed.); 11) Un fiorellino colto nel Giardino di Maria; 12)
Manuale prò patribus et fratribus clericis Ord. Serv. B. M. V.; 14) Manuale
dei fratelli conversi 0.
S. M.;
15)
Vita interior SS. VII Fund. O. S. M. È tradotto anche in italiano; 16)
Behold the Mother, Nine Discourses illustrative of the Hail Mary. 17) Our
Father ten discourses on the Lord's Prayer.
«I
lavori ascetici dell'E.mo A. — notava la Civiltà Cattolica — hanno
una efficacia ed una santa unzione del tutto singolare, che loro deriva dalla
perfetta fusione che sì è
fatta nell'anima di lui fra la profondità della dottrina e la tenerezza della pietà ».
6. Opuscoli vari.
Alla imponente produzione libraria già elencata, si aggiunge un numero
rispettabile di opuscoli, sui più vari argomenti. E sono: 1) De Spiritu
Sancti a Filio processione. Historica
disquisito circa
Graecorum a Latinis in hac re dissensum et particulam Filioque in
Symbolo additam; 2) S. Tommaso, Dottore Universale della Chiesa. Spiegazione
e giustificazione di questo titolo dato da Sua Santità Pio XI a S. Tommaso,
in occasione del VI Centenario della sua Canonizzazione; 3) Il Purgatorio
dì Dante, alta scuola di cultura letteraria, fìlosofica, religiosa e
morale. In occasione del sesto centenario della morte del grande poeta; Maria
mediatrice tra Dio e gli uomini nel Purgatorio di Dante ; 5) Sacrae
doctrinae Thom. studii utilitas demonstrata ; 7) Gli studi sacri nell'Ordine
dei Servi di Maria ; 7) La divina protezione sull'Ord. dei Servi di
Maria ; 8) De devotione fovenda erga perdolentem Virginem Dei Matrem ; 9)
Discorso per il conferimento dei gradi nell'apertura delle scuole ; 10)
Elogium Beatorum Ubaldi de Adimariis, Andreae Dotti et Bonav. Bonaccorsi, O.
S. M.; 11) Lettera ai religiosi dell'Ordine dei Servi di Maria reduci
dalla milizia; 12) La stessa lettera in lingua inglese; 13) Elogio funebre
del P. Sost. M. Fassini O. S. M.; 14) Le Ascensioni del Giusto, Panegirico
di S.Giuseppe; 15) Panegirico di S. Genoveffa ; 16) Per crucem ad lucem.
Maria desolata, incoronata. Discorsi per la pia pratica della Desolata,
il Venerdì Santo ; 17) II Circolo cattolico; 18) Pro Papa et
Sacerdotio. I martiri inglesi. Lo stesso in lingua inglese; 19) Panegirico
di S. Patrizio in lingua inglese ; 20) Omelia su S. Paolino di Nola; 21)
In che consiste l'essenza del Sacrificio della Messa; 22) La Vierge
Marie dans le po'eme de Dante.
Sarebbe troppo lungo accennare, sia pure fugacemente, ai principali
fra questi opuscoli. Basti un cenno a quelli scritti su Dante, che egli
conosceva in buona parte a memoria e di cui ha infiorato tutta la sua
produzione teologica. Ne raccomandava spesso, ai suoi alunni, lo studio, e un
giorno concluse un suo discorso con questa energica affermazione: « Un
Italiano il quale non conosce bene la Divina Commedia non è degno di
calpestare questo suolo ! ». Egli fu un Dantista nel vero senso della
parola.
7. Il dottore della niente e del
cuore.
Nel classico Medio Evo. i grandi luminari della scienza solevano
essere caratterizzati dai loro contemporanei con uno di quei titoli che,
destinati a sfidare i secoli, avrebbero compendiato ed echeggiato perennemente
l'opera loro. Così a Tommaso d'Aquino fu dato il titolo di «
Dottore Angelico », a Scoto quello di «Dottore sottile», ad Enrico di Gand
quello di « Dottore solenne », ecc...
Crediamo che il titolo più appropriato per l'E.mo Lepicier sia
quello di « Dottore della mente e del cuore: Doctor mentis et cordis ».
È questo del resto, il titolo, in termini più o meno identici, più
universalmente riconosciutogli dai dotti. Noi lo vediamo espresso, in termini
equivalenti, in quelle parole del Santo Padre Pio XI il quale definiva la
Teologia del Card. Lépicier « proprio di quella che è la più bella e la più
giusta, perché è la più vera ed utile non solo all'intelligenza ma anche
all'anima : teologia a larga base di ascetica, ascetica a larga base di
teologia ». I suoi volumi sono fuoco che risplende e riscalda: « ignis
ardens et lucens ». Ignorano l'aridità, essendo tutti pervasi da una
mirabile unzione. Poiché in tutti i suoi vasti trattati, in tutte le
questioni, in tutte le parole, in quel suo « discreto latino » vi si sente
palpitare la fede e l'amore di un uomo il quale visse di fede e di amore.
Data questa imponente produzione libraria, imponente non solo
per la quantità ma anche per la qualità, non senza ragione l'illustre Decano
della Facoltà Teologica dell'Università di Québec, Mons. Paquet, scriveva
recentemente all'È. A.: « Di quale meravigliosa fecondità è mai dotata la
penna di Vostra Eminenza! E quale gloria questa elettissima penna fa irradiare
sul mondo teologico e sulla santa Chiesa! ».
IV.
Sereno tramonto.
1. " Osculetur me osculo oris sui !”
Chi scrive, lo ricorda ancora, come se fosse ieri. Ogni venerdì
l'E.mo Porporato saliva il Colle Gianicolense e si portava al suo prediletto
Collegio S. Alessio per tenervi una lezione di esegesi sulla S. Scrittura.
L'antico professore ritrovava se stesso. Era un onore, anche per gli altri
insegnanti del Collegio ritornare discepoli di un tanto Maestro. In
quest'ultimo anno aveva scelto il Cantico dei Cantici, e il 25
ottobre tenne la sua prima lezione. Dopo una breve, limpida introduzione
storica al celebre libro, incominciò ad esporre il primo
versetto: « osculetur me osculo oris sui.
- mi baci egli col bacio di sua bocca! ». Rilevati i motivi di questo
esordio ex abrupto, si propose, al solito, la prima questione: «
Quando si può dire che lo Sposo celeste baci l'anima? ». Ricordo ancora
vivamente la risposta che diede tutta fragrante d'amore divino. « Lo Sposo
divino — Egli disse si può dire che baci l'anima fedele prima di tutto nel S.
Battesimo quando per mezzo della grazia la rende sua figlia, erede del Cielo;
bacia poi l'anima fedele tutte le volte che le si da in cibo nell'almo
sacramento dell'Eucaristia; ma sopratutto Egli bacia l'anima fedele — e qui
lo sguardo dell'E.mo Professore divenne sfavillante, il tono della sua voce
vibrante, commosso — nel momento in cui Egli la introduce nel Cielo... ». Sento
ancora nel cuore l'impressione di queste ultime parole. Egli sembrava
pregustarne la dolcezza. Egli sembrava pregustare la dolcezza di quest'ultimo
bacio. E pensai : sarà forse vicino?... Sarà forse il canto del cigno?
Anche S. Tommaso, « il suo Maestro e il suo Autore » poco prima di morire
commentò il Cantico dei Cantici. Farà altrettanto il suo celebre commentatore
e devoto?... Cacciai dalla mente, non senza una certa violenza, il troppo
mesto pensiero. Tanto più che S. Em. era allora in abbastanza floride
condizioni di salute. Ma quest'ultimo bacio, purtroppo, si avvicinava. E quello
sarebbe stato, purtroppo, l'ultimo libro uscito dalla sua fecondissima e
dottissima penna.
2. Più vicino al Cielo.
Si avvicinava, intanto la festa del S. Natale. All'antivigilia,
tutto il Collegio di S. Alessio Falconieri — secondo il solito — si portò a
presentargli gli auguri. Non ci ricevette — secondo il solito — nell'ampia
sala del trono, ma ci fece salire nella sala attigua al suo studio. E lì,
prima ancora che il P. Priore del Collegio avesse presentato, a nome di
tutti, i suoi auguri, il Cardinale incominciò a dire: « Quest'anno il
Cardinale vi riceve quassù, in alto, perché quest'anno si sente più
vicino al Cielo ». Era come se avesse voluto dire: « È l'ultimo anno in
cui ci scambiamo gli auguri». Tutti lo compresero e ne furono turbati. Ma
egli, quasi per distruggere la sinistra impressione prodotta dalle sue
parole, dopo aver soggiunto che « bisognava rassegnarsi a fare la volontà di
Dio », incominciò a celiare amabilmente e a parlare di altro. Cacciammo,
anche allora, con grande violenza, il lugubre pensiero. Ma, purtroppo, Egli era
più vicino, molto vicino al Cielo !...
3. Fiat!..
Spuntò il primo giorno del nuovo anno. Ai fervidi auguri del suo
amato Collegio, egli rispose commentando il motto del suo stemma: « Doce me
facere voluntatem tuam! ». Ed aggiunse che quella era la preghiera sua pel
nuovo anno: chiedere umilmente al Signore di compiere la sua volontà, «
sempre giustissima, altissima, amabilissima », e di compierla « prontamente,
integralmente e con gioia ».
L'allusione alla sua prossima fine era più che manifesta. Ci
sforzammo, con maggiore violenza, di cacciare nuovamente quella mestissima
idea. Ma purtroppo, quelle parole erano il generoso « Fiat » di quell'anima
grande dinanzi alle soglie dell'eternità.
Il 25 marzo ebbe un'udienza col S. Padre. Per ben due volte, in
quel giorno, dopo l'udienza, egli ricordò allo scrivente, con sua grande
soddisfazione, quel suo ultimo atto di ossequio al grande Vicario di Cristo.
4. Sul
letto del dolori.
Verso la metà di febbraio si vedeva deperire a vista d'occhio.
Si muoveva a stento. Non cessò tuttavia dal lavoro. Sottopostosi ad una
visita medica fu riscontrata un'anemia perniciosa. Reso consapevole del suo
stato, dichiarò che era pronto al gran passo, e che moriva contento. Quella
medesima affabilità verso tutti che gli era quasi congenita, egli continuò a
dimostrarla fino agli ultimi momenti.
Cinque giorni prima della sua dipartita, si trattenne a lungo,
con tutta affabilità con lo scrivente, e, quasi ripensando al nobile scopo di
tutta la sua nobile vita, lo licenziò benedicendolo con effusione e
raccomandandogli vivamente di difendere sempre la sana dottrina, senza
guardare in faccia a persona : « sine personarum acceptione ».
La mattina dell'ultimo giorno (il 21 maggio), non appena vide
entrare il Dottore nella sua angusta cameretta, « Dottore — gli disse — ce ne
andiamo in Paradiso ! ». E il Dottore, vivamente commosso, si vide costretto
ad abbandonare immediatamente la cameretta senza proferire parola.
Ricevette poi, con edificante
pietà, in piena lucidità di mente gli ultimi Sacramenti, amministratigli dal
Rev.mo P. Generale. Dopo l'Estrema Unzione, abbracciò con amabile effusione
l'E.mo Card. La Puma, presente al sacro rito, e lo ringraziò di quanto aveva
fatto per lui nel tempo in cui era stato suo Segretario nella S.
Congregazione dei Religiosi.
Verso le tre pomeridiane, sentendosi quasi finito, chiese egli
stesso al suo Segretario, il P. Brasa, la raccomandazione dell'anima. E siccome
questi si dimostrava molto esitante, egli stesso prese il rituale, lo apri e
glielo pose tra le mani invitandolo nuovamente ad incominciare il «
Proficiscere ». Il P. Segretario, facendosi violenza, lo accontentò. Ma ben
presto « negò il pianto alle parole il varco ». Continuò Mons. Fontanelle,
ivi presente, poiché il moribondo faceva cenni che si continuasse.
« L'Osservatore Romano » cosi descriveva il sereno tramonto:
« L'aggravamento delle condizioni di salute del Cardinale
Alessio Enrico Maria Lépicier manifestatosi in modo preoccupante nella serata
di martedì, andò, purtroppo, sempre più accentuandosi il giorno seguente.
Ormai ben scarse erano le congetture di qualche mutamento benefico: il
Cardinale veniva chiamato dal Signore alla vita eterna. Con intenso ardore
egli raccolse le sue ultime energie per il gran passo. A chi gli ricordava le
sue opere teologiche, i tanti scritti in gloria di Dio rispondeva con
commovente convinzione: "tutto ciò è secondario: l'importante per
tutti, è di servire ed amare Gesù”. Poi come ripensando a tanti decenni di
ininterrotta attività di studi severi e di elargizione generosa delle divine
cognizioni, soggiunse: "Adesso potrò vedere se ho ben scritto il
trattato sulla separazione dell'anima dal corpo”. Significativa espressione
di rettitudine, di conforto anche e di vivida speranza.
Nel pomeriggio il medico curante dott. Escalar pronosticava non
lontana la catastrofe. Un folto gruppo di Servi di Maria circondava il letto
semplicissimo, nell'angusta cameretta ove il Cardinale giaceva. Con fatica,
ma con visibile fervore, il malato si univa alle preci, spesso rinnovando
l'offerta di sé al Signore, in piena e serena conformità ai divini voleri.
Ai suggerimenti di cristiane certezze e di filiale abbandono in Dio egli
rispondeva, non potendo più con la parola, con gesti di premurosa adesione,
non mancando, a sua volta, di benedire gli astanti che
imploravano un suo caro ricordo. Allorché poi il nome di Maria, la Celeste
Fondatrice della cara Famiglia dei Servi, veniva chiamato e ripetuto, il
volto del morente, fatto diafano dalla lunga sofferenza, si illuminava come
di improvviso splendore, lo sguardo si ravvivava e le labbra esangui
vibravano in sommessa, filiale adesione nel ricorso alla dolcissima Madre.
E parve a tutti veramente che Ella, circondata dai sette Santi e
da tutti gli altri gloriosi, germogliati dalle mirabili fioriture del
Senario, assistesse, in modo specialissimo, al pio transito di questo
illustre figlio del Suo Ordine. “Ave maris Stella... iter para tutum”: il
religioso fedele, sacerdote esemplare, dotto teologo, direttore di anime,
Principe della Chiesa, raccogliendo i tanti meriti d'una esistenza
interamente fedele, aderì con un sorriso alla efficace invocazione e
piamente, come si conveniva all'atto solenne dell'assoluta obbedienza,
dell'offerta suprema, s'avviò a Dio.
La preghiera continuò, in immediato, devotissimo suffragio.
Erano le 22. Qualche padre si ritirò nella Cappella a recitare il Divino Ufficio:
il Maturino dell'Ascensione ».
Così abbandonava questa valle di lagrime l'E.mo Lépicier, lasciando
all'Ordine suo ed a tutta la Chiesa una preziosa eredità espressa nelle due
luminose parole: Fede e Scienza. Fede vivamente sentita, integralmente
professata, intensamente vissuta. Scienza appassionatamente cercata,
largamente posseduta, mirabilmente illustrata e difesa. Non esagerava davvero
l'E.mo Laurenti, allorché mesi fa, nel Congresso della « Bonne Presse »,
tenuto a Roma, salutava nel Card. Lépicier « uno dei più degni Principi della
Chiesa ed uno dei più grandi figli della Francia ».
Per uomini di tale e tanta grandezza la morte depone il suo
lugubre ammanto: non è morte, ma vita.
P. Gabriele M. Roschini O. S. M.
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[1] Questi accaniti attacchi si
sono rinnovati in Germania anche poco fa, in occasione della sua morte.
[2] Queste tre legazioni
Pontificie sono state ampiamente narrate in tre opuscoli distinti, dati alle
stampe.
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