I Servi di Maria a Massa e alla Marina

 

Frammenti di storia servitana

Fr. Franco M. Azzalli

 

 

A. Le origini della presenza dei Servi a Marina di Massa (sec. XVII)

 

La prima notizia in documenti ufficiali dell'Ordine dei Servi di Maria riguardante la presenza dei Servi nella zona di Massa o della sua Marina si trova nel 1619:

«Nell'anno 1618 p. p. padre Giovanni Battista Cappelletti di Massa Carrara dell'Ordine dei Servi di Maria venne in possesso di una cappellina (edicola) del luogo chiamato "alla Marina" che l'illustrissimo signor Giulio Pachiera, genovese, si era costruito come consta dagli atti (...) Ceccopieri, in questo anno venne posta la prima pietra per costruire il convento, del cui luogo e del suo progresso fino all'anno 1721 in cui sto scrivendo, parlerò più diffusamente nell'anno 1695».

In quegli anni il Principato di Massa e Carrara era governato da Alberico I Malaspina, che morirà alla fine del febbraio del 1623.

Non è improbabile che il signor Giulio Pachiera (sul quale non sono state fatte ricerche approfondite) avesse conosciuto i Servi nella sua città natale, Genova, dove i Servi erano presenti dal 1327, a poco meno di un secolo cioè, dalla fondazione dell'Ordine dei Servi di Maria.

È, quello dei Servi di Maria, un ordine religioso la cui fondazione si fa tradizionalmente risalire al 1233, quando sette commercianti fiorentini, già appartenenti ad una confraternita chiamata la Società Maggiore di Santa Maria, si riuniscono insieme - caso unico, fino ad ora, di fondazione di un Istituto religioso iniziato non da una o due persone, ma da un gruppo di sette. Sotto la protezione del vescovo di Firenze Ardingo (+ 1247) i Sette (dei quali conosciamo con certezza solamente due nomi. Alessio e Bonfiglio), salgono nella solitudine del monte Senario molto probabilmente attorno al 1244-1245; alla comunità di Monte Senario viene indirizzato il primo documento della Chiesa che è come un riconoscimento ufficiale, nel 1249. Nell'anno successivo la primitiva comunità, aumentata di numero, si espande fondando i conventi di Firenze (la ss.ma Annunziata) e Siena. Superata la difficile situazione creatasi con il Concilio di Lione II (1274), l'Ordine dei Servi veniva approvato definitivamente l' 11 febbraio 1304 dal Papa Benedetto XI.

L'espansione dei Servi di Maria continuava per tutta la prima metà del secolo XIV, fino alla grande peste che colpì tutta l'Europa tra il 1347 e il 1350. È proprio di questo periodo la fondazione del convento di Genova.

Solamente nel 1488, grazie ad una decisione del Capitolo generale celebrato a Bologna (il più grandioso e numeroso della storia dell'ordine, al quale parteciparono più di 900 frati), venivano separati 12 conventi dalla Provincia Lombarda, dando vita alla Provincia di Genova, che nel 1750-51 muterà il nome nell'attuale, Provincia piemontese.

Ma ritorniamo alla fondazione nella Marina di Massa: pochi mesi dopo la posa della prima pietra del convento, abbiamo una preziosa testimonianza di un frate dell'Ordine (probabilmente uno studente che, in vacanza dalle sue parti, era stato incaricato dall'Annalista dell'Ordine, fr. Arcangelo Giani, di fornirgli informazioni circa la nuova fondazione):

«A' piedi di Massa nella stessa arena del mare haviano un poco di luoghetto preso non so che anni sono da un certo fra Gio. Battista da Genova prima converso poi fatto sacerdote, e vi sta con un Conversetto di questo luogo dove ha fatto fabricare una Chiesetta bella per simil luogo et un poco di habitatione con titolo di s. Giuseppe et il giorno della festa di detto santo ci fu un concorso grande di tutta Massa Carrara, Montignoso, Pietrasanta et da altri luoghi circonvicini».

Non è facile reperire notizie circa i primi anni della presenza dei Servi nella zona: sappiamo certamente che la comunità religiosa veniva canonicamente eretta solamente nel 1634, quando durante il Capitolo provinciale tenutosi a s. Stefano di Alessandria il 28 maggio, veniva eletto il priore conventuale, p. Giuseppe di Massa, ed il convento veniva inserito nella lista delle comunità della Provincia al 20° posto, l'ultimo dell'elenco.

Pochi anni dopo, nel 1650. abbiamo una descrizione approfondita della situazione della comunità. Il sommo Pontefice Innocenzo XI aveva richiesto l'anno precedente un rigoroso censimento del numero dei conventi esistenti in Italia, del numero dei frati assegnati a ciascuno di essi, e dell'entità delle entrate conventuali, in vista di una riforma della vita religiosa in Italia6. Questo il testo della relazione fatta dai religiosi:

 

STATO DEL MONASTERO

DE' PADRI DELL'ORDINE DE' SERVI

NELLA CITTÀ DI MASSA

Il Monastero di s. Giuseppe dell’Ordine de' Servi, situato nella città di Massa del Prencipe, Diocesi di Luni, e Sarzana, posto alla spiaggia della Marina, lontano dalla città due miglia, luogo molto frequentato non solo da' marinarj, che dì continuo sbarcano a quella spiaggia grande, ma ancora da tutti li paesani circonvicini per la molta devozione del luogo al Santo, dove anco in detto luogo è una torre forte, e molti magazzini per ricevimento, e scarico delle robbe con altre abitazioni circonvicine, li cui popoli hanno bisogno di Messe, confessione, ed altri ajuti spirituali, fu fondato, et eretto l'anno 1618 con l'autorità, e consenso del mons. Vescovo Salvagone vescovo di Sarzana, e col consenso, et promotione del Principe di detta città e de ' Regolari che sono in detta città, da p. Gio. Battista Cappelletti di detto luogo al presente priore del Convento.

Ha la sua chiesa sufficiente per il servizio del popolo sotto il titolo di s. Giuseppe. Il monastero è di struttura civile in quadro tutto serrato e chiuso di muraglia nel primo piano, et ingresso, è principiato un claustro quadrìlongo, dal quale s'entra nel primo piano a terra, dove ci sono dieci stanze, refettorio, cucina, cantina, con due corridori. Vi è la scala per salire di sopra, al qual piano ci sono due corridori con quindici stanze, e contiguo a detta fabrica ve n'è un altra con quattro stanze per uso de' frati.

Non ha avuto prefisso numero de' frati, se non del 1634, quando eretto priorato: et al presente ci stanno due sacerdoti, un chierico, tre conversi, et un servente.

Il padre fra Gio. Battista Cappelletti, priore di detto luogo

Il padre fra Leonardo Leonardi, sacerdote di detto luogo

Fra Girolamo Pisani da Moneta, chierico

Fra Antonio Tivegni da Montignoso, laico professo

Fra Giuseppe Bondi da Reniso, laico professo

Fra Domenico Caetani da Massa, laico professo

Gio. Martinelli da Carrara, servente oblato[1].

 

Nella sintesi all'inizio del volume, vengono riportate altre notizie interessanti; fatto il calcolo tra le entrate (quelle certe assommano a scudi 185, 75 mentre quelle incerte - provenienti dalla chiesa, sagrestia, elemosine e simili -sono paria scudi 168, per un totale di scudi 353,75) e le uscite, che assommano a scudi 74,

«dovendosi però ora fare nuovo assegnamento della famiglia rispettivamente al vitto, e vestito a ragione di scudi 40 per bocca se li ponno assegnare frati n° 7»

In seguito al censimento del 1650 venne pubblicata la bolla Istaurandae regularis disciplinae del 15 ottobre 1652, con la quale venivano soppressi molti conventi di tutti gli Ordini religiosi, per i Servi, 102 dei 261 conventi in Italia9, quelli cioè "nei quali a causa del piccolo numero dei religiosi non era possibile osservare la regolare disciplina".

Il convento di s. Giuseppe non venne coinvolto in questa soppressione decretata dalla Chiesa, ed arrivò serenamente fino alla fine del secolo XVII.

 

B. DAL TRASFERIMENTO A MASSA

ALLA SOPPRESSIONE DEL CONVENTO (Sec. XVIII)

 

Verso la fine del secolo XVII i frati Servi di Maria lasciarono l'originaria località della Marina per andare a stabilirsi nella città di Massa.

Abbondante è il materiale archivistico che documenta i passi fatti dai Religiosi per ottenere il trasferimento: particolarmente interessante, anche se di parte perché scritto dal protagonista principale dell'avvenimento, è una dettagliata cronistoria delle circostanze che portarono al cambio di residenza dei Servi di Maria, fatta dal massese p. Giovanni Pietro Bertazzoli che, nato nel 1647, ebbe uffici di rilievo nell' Ordine, fino a ricoprire la più alta carica, quella di Priore generale.

Anche se probabilmente da alcuni anni si parlava della disagevole situazione del convento di s. Giuseppe alla Marina, e della necessità di trovare una soluzione al problema, solamente nel 1689 i frati compiono i primi passi ufficiali. Una supplica al vescovo di Luni e Sarzana mons. Giovanni Battista Spinola ci permette di comprendere le ragioni che spingevano i frati a chiedere un trasferimento, in un primo momento "almeno per li tempi dell'estate e mesi pericolosi":

«Il Priore, e Padri di s. Giuseppe dell'Ordine de' Servi di Maria Vergine humilissimi Oratori di Vostra Signoria Illustrissima espongono, come ritrovandosi il loro monastero nella spiaggia del mare distante circa due miglia da Massa in sito soggetto all'inondazione del fiume provano nell'escrescenza delle acque gravi pregiudicij, e massime quello della salute loro, a causa che il posto vicino alla palude riempito da materie crasse portate dal detto fiume manda esalationi sensibili di mal'odore, e secondo l'esperienza dannosissima a' poveri Oratori, havendone patito longhe. e pericolose infermità, temendole maggiori in quest'anno per essere stata più grande la detta escrescenza d'acque come è notorio, anzi per sentirsi di già anticipatamente ai calori dell'estate detto mal'odore.

Perciò supplicano la gran pietà di Vostra Signoria Illustrissima volersi compiacere, che per riparo della loro salute possino ritirarsi in qualche casa a pigione in Massa, o suo Distretto nell'aria buona almeno per li tempi dell'estate, e mesi pericolosi, e quindi vivere regolarmente sotto titolo d'Hospitìo senza però lasciare la necessaria officiatura di detto convento».

Era quindi una situazione pericolosa per la salute (si registravano casi di malaria) particolarmente nell'anno 1689, il motivo che spingeva i frati a chiedere il trasferimento temporaneo, soprattutto nei mesi estivi, nella città di Massa, in casa presa in affitto. Dal vescovo giungeva risposta affermativa con documento del 7 maggio 1689.

L'anno successivo i religiosi fanno un'altra supplica al vescovo: la situazione si era ripetuta, e l'esperienza dell'anno precedente aveva insegnato ai frati che la casa nella quale vivono deve avere una struttura che favorisca il loro particolare stile di vita: oppure per i Servi di Maria era già chiaro che bisognava puntare ad un definitivo trasferimento nella città, lasciando la località in riva al mare, e la richiesta del 1689 era stata mitigata per tentare di aprire uno spiraglio.

In tutti i casi nel 1690 i frati, vedendo che in una casa presa in affitto rimaneva molto difficile osservare la vita religiosa, chiedono al vescovo di "fondare e costruire un ospizio nel campo, e sito di Camporimaldo proprio degl'Oratori[2]. I religiosi, evidentemente, nei mesi precedenti si erano mossi per cercare diverse possibilità di presenza in Massa (come il p. Bertazzoli descrive accuratamente nella sua narrazione) ed avevano ottenuto la donazione di un luogo in Camporimaldo.

La sistemazione in Massa, comunque, era ancora provvisoria, rimanendo s. Giuseppe a Marina la sede ufficiale dei Servi di Maria. Ma la direzione dei frati era di stabilirsi definitivamente e permanentemente a Massa, lasciando il luogo sul mare. Per questo, dopo alcuni anni, nel 1694 i Servi di Maria rivolgono un'altra supplica, questa volta alla Sacra Congregazione per lo stato dei Religiosi (competente per l'affare), del seguente tenore:

«Il Priore e Frati del Convento di s. Giuseppe di Massa dell'ordine de' Servi di Maria Vergine humilmente espongono alle Eminenze Vostre, come trovandosi il loro convento situato in distanza sopra due miglia dalle mura dì detta città di Massa nella spiaggia del mare in aria poco salubre per le paludi vicine, per il che hanno patito gravi disaggi d'infirmità, le quali si sono rese più deplorabili per il non poter haver pronti li medici, né medicamenti; però fatta matura riflessione al caso, assistiti dalla pietà di quel signor Duca Carlo Cybo, si risolsero con le dovute forme di fondare alla detta città un edificio a uso regolare, nel quale potessero ricoverarsi nelle loro malatie, et altri Religiosi bisogni sotto titolo d'Ospizio: ed essendo presentemente detta fabrica coperta per la metà et in stato di rendersi fra breve tempo habitabìle con il commodo di dieci stanze, senza l'Oratorio, che può servire per Chiesa, e senza le officine necessarie per la communità e parenti, che in vece di servirsi di detta fabrica per ospizio, fusse più opportuno il passarvi in qualità di Convento (...); ricorrono alla benignità delle Eminenze Vostre, acciò che voglino concedere la licenza che possano gl'Oratori passare dal detto Convento di s. Giuseppe alla detta fabrica nuova, e che l'entrate di quello servano per il mantenimento de' claustrali di questo, dichiarandola Convento, con darli titolo di Maria Vergine Addolorata1', e sottoponendo al nuovo Convento il vecchio con qualità di Grancia, e membro in perpetuo. (...)».

I frati, quindi, avevano già iniziato la costruzione dell'edificio, sotto la protezione e l'incoraggiamento del Duca di Massa, e chiedono alla santa Sede di poter trasferire definitivamente la loro residenza a Massa, così che tutto ciò che prima faceva riferimento a s. Giuseppe della Marina, ora sia trasferito a Massa; e il vecchio convento sia considerato una proprietà del nuovo. La sacra Congregazione per lo stato dei Religiosi, ricevuta la richiesta e analizzata la relazione del vescovo di Sarzana, concesse il trasferimento.

convento di s. Giuseppe "andò in decadenza per essere passato in proprietà di privati. Nel 1711 ospitò una fabbrica di vetri che ebbe poca fortuna per scarsa attività e quindi anche breve durata. In seguito il convento andò in demolizione. La chiesa di s. Giuseppe subì la stessa sorte."

La nuova presenza a Massa, invece, cresceva: nel 1697 i frati chiedevano al Vescovo di Sarzana di poter continuare a celebrare solennemente la festa della Madonna Addolorata anche in città, come già nell'antico convento[3].

Anche la costruzione del Convento proseguiva, sempre protetta dalla benedizione di Dio, come più volte sottolinea il Bertazzoli nella sua relazione. Il Convento era comunque molto grande, e la sua edificazione comportava grande spesa e tempo.

I contadini, devoti alla Vergine e affezionati ai frati, desideravano contribuire alla costruzione, ma non potendo lavorare se non nei giorni festivi, sollecitarono i Servi di Maria a fare un'ennesima richiesta al Vescovo, nell'estate del 1701, del seguente tenore:

«Il Priore e Padri dei Servi di Maria Vergine del Convento di Massa devotissimi Oratori di Vostra Signoria Illustrissima li rappresentano, come sono già dieci anni, che diedero principio ad una fabrica di Convento vicino alle mura di Massa, già che stimorno necessario abbandonare l'ulteriormente vivere nell'Antico, che hanno appresso al mare per l'aria notabilmente nociva alla salute; di modo che mal volentieri venivano li Religiosi, e con ragione, ad abitarvi: et anco utile, perché in quel luogo al mare poco, o ninno avantaggio portavano al Publico nel servitio di Dio. E perché la loro mira fu, essendo vicini a Massa, terminata la fabrica di costituirvi una competente famiglia di religiosi, quali vivendo secondo l'osservanze Regolari, et assistendo all'amministratione de' Sacramenti et altri eserciti], che li si conviene a Religiosi, potessero meglio servire Dio, et alla Beata Vergine Maria e così riuscire d'edificatione, e profitto spirituale alli Populi. Fu favorita da Dio la loro buona intentione, perché li poveri Religiosi con poco capitale han la riserba della Divina Provvidenza: diedero principio alla fabrica, e con l'elemosine de' Benefatori ne hanno fatto una parte, ove posson dimorare pochi Religiosi, e perciò attesa l'imperfetione della medesima, non si può per anche racogliere il frutto spirituale nella forma dissegnata; per proseguire, e perfetionare la qual fabrica si crederebbero l'Oratori impossibilitati se confidassero nelle rendite del Monastero, che sono insufficienti a mantenere quelli pochi Religiosi con le spese della fabrica: sperali perciò, che le divote persone debbano continuare nella pietà che hanno sin ora dimostrato, fra quali vi sono dei contadini, che non potendo dar aiuto con denari, o altri cementi, impiegarebbero volentieri (la) loro opra a titolo d'elemosina col portare qualche some di sassi, o sabbia nei giorni di festa, come altre volte si è praticato in Massa in occasione di fabriche ad onor di Dio, già che li giorni di lavoro son astretti consumarli nella coltura della campagna per il sostentamento delle loro povere famiglie.

Pertanto li medesimi Oratori confidati nella pietà di Sua Altezza Illustrissima tutt 'ottanta a promuovere l'opere Pie, riverentemente la supplicano a degnarsi dichiarare, e quanto faccia di bisogno conceder la licenza, che sia lecito a' contadini portare a titolo d'elemosina qualche soma di sassi, o sabbia per uso di detta fabrica nei giorni di festa, per qual tempo che sarà stimato conveniente da Vostra Altezza Illustrissima per la salute e conservatione della quale pregheranno l'Oratori sua Divina Maestà, e la Beata Vergine Maria».

 

Nel testo della supplica al vescovo di Sarzana vengono indicati nuovi motivi che portarono i frati a chiedere (ed ottenere) il trasferimento dalla Marina: il fatto che per l'aria malsana, era difficile trovare frati disponibili al trasferimento a Marina dalle altre comunità della Provincia piemontese; e la scarsità di incidenza pastorale in riva al mare, rispetto a quella in città.

Il vescovo anche questa volta concedeva il permesso richiesto, aggiungendo alcune precisazioni:

 

«Si concede licenza a ' contadini di Massa di poter condurre con bestie some di sassi o di calce o di sabbia per uso della soprascritta fabrica nelli giorni di festa purché la festa non sia delle principali dell'anno. Ed in detti giorni dai suddetti contadini non si passi un viaggio per ogni festa generale; però non dovrà farsi in tempo dei divini Uffizij.

In fede di che, ecc.

Dato in Sarzana nel Palazzo Episcopale dì 20 dicembre 1701»

 

Nel 1712 il convento di Massa, che apparteneva alla Provincia di Genova "(...) nella Dieta tenutasi a Firenze il 19 aprile sotto la presidenza del Priore generale Bertazzoli che da tanto tempo lo desiderava venne accettato dalla Provincia toscana ed in essa inserito. Era Provinciale il p. Pier Antonio Rossi che ottenne, con il concorde consenso di tutto il suo Definitorio, l'approvazione del Granduca di Toscana Cosimo III e del cardinale protettore dell'Ordine e della santa Sede il 20 agosto 1712"

Pochi anni dopo, nel 1750. abbiamo una statistica che, pur nell'aridità dei numeri, ci può dare un'esatta descrizione della presenza dei Servi a Massa: il convento (inserito nelle liste della Provincia toscana al 13° posto), era il settimo della Provincia in relazione al numero dei frati poiché la comunità religiosa era composta da 7 sacerdoti e 4 fratelli laici.

Verso la fine del secolo, però, la situazione andava aggravandosi per l'esistenza stessa della vita religiosa: le Leggi del Granducato di Toscana erano sempre più restrittive.

Leggiamo nel registro della Provincia di Toscana, il 2 ottobre 1788:

«In detto giorno fu pubblicato per ordine del Governo una Legge con cui veniva tolta ai Regolari di Toscana qualunque comunicazione coi rispettivi Generali dimoranti fuori di Stato. Come pure venivano esclusi dal Granducato in termini di mesi tre tutti i Religiosi Forestieri che non fossero naturalizzati avanti detta Legge, e che non ottenessero in detto tempo la naturalizzazione».

I frati ricorrevano, chiedendo una deroga alla Legge, imposta in tempi brevissimi: ma l’11 ottobre arrivava implacabile la risposta:

«Sua Altezza Reale non trova alcun giusto motivo per derogare alla Legge dei 2 stante riguardo ai Religiosi del suo Ordine in Toscana, i quali dovranno tutti conformarsi esattamente alla legge medesima».

Rimanevano due possibilità: o adeguarsi alla Legge, con il rischio di chiudere per la partenza dei Religiosi non nativi del Granducato di Toscana (Massa era infatti in uno Stato differente dal Granducato, e anche se non abbiamo dati certi, possiamo supporre che vi sarebbe stato comunque una diminuzione dei frati in comunità, poiché un certo numero di Religiosi era certamente nativo del Principato di Massa) oppure tentare la strada di cambiare giurisdizione religiosa, passare cioè ad un'altra Provincia dell'Ordine. Il giorno 11 novembre infatti i Religiosi ricevevano una lettera del Segretario di Stato del Granducato di Toscana del seguente tenore:

«(...) Se il Convento di Massa si dichiarerà di restare unito alla Provincia di Toscana, allora i nativi di Massa e Carrara potranno riceversi, e vestirsi nei Conventi di Toscana, purché non possino essere superiori, né godere dei vantaggi dei Toscani prima di essere stati naturalizzati; e nel caso che ancora i Massesi si staccassero dalla Provincia toscana, dovranno anch'essi partire dai conventi di Toscana».

La strategia seguita dall'Ordine fu quella di chiedere l'incorporazione del convento ad altra Provincia. Così il 27 marzo 1789 il Priore generale p. Gregorio Clementi ed il Procuratore generale p. Carlo Francesco Caselli ottenevano dalla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari l'autorizzazione di aggregare il convento di Lucca alla provincia di Mantova e quello di Massa alla Provincia di Lombardia non Austriaca dei Servi di Maria.

Ma la fine del convento era solamente rimandata di pochi anni. Il Principato di Massa e Carrara subiva l'occupazione francese dal 30 giugno 1796 ed il 9 luglio veniva unito alla Repubblica Cisalpina (fino al marzo 1805, quando diverrà parte del Regno d'Italia di Napoleone).

Durante il Capitolo provinciale celebrato a Parma il 9 maggio 1797 (quindi in piena occupazione francese) la comunità dei Servi di Massa esiste ancora, ed il Priore conventuale p. Giovanni Battista Andrei è confermato nel suo ufficio "per giusta causa": probabilmente non aveva potuto partecipare, proprio a causa dell'occupazione.

Una lettera del Priore generale p. Filippo Cerasoli al p. Francesco Lomi (reggente agli studi della Provincia) del 12 agosto 1797 accenna ad una situazione estremamente fluida.

Scrivendo il 2 dicembre 1797 al priore del convento di Massa Andrei il Priore generale, richiesto di un suggerimento circa il trasferimento di un frate, non si sente né di chiedergli di restare, né di mandarlo via "atteso il rovinoso sconvolgimento, ed incertezza delle cose".

Pochi giorni dopo, il 16 dicembre, lo stesso Priore generale intendeva scrivere al p. Francesco Lomi, ma non si fidava ad inviare una lettera per posta "non crediamo doverlo azardare per posta per ora ".

Sono segnali di una situazione che andava rapidamente deteriorandosi: presto nella Repubblica Cisalpina si arriverà alla soppressione di molti conventi degli Ordini religiosi. Ed anche se per ora non ci è dato conoscere nei particolari la data di soppressione del convento ed il destino dei frati, dobbiamo supporre che proprio in questo periodo terminava la vicenda della presenza dei Servi di Maria a Massa.

Dopo la Restaurazione il convento venne impiegato come locale scolastico, uso che conserva tutt'ora.

 

C. IL RITORNO DEI SERVI DI MARIA A MARINA DI MASSA

 

Proprio il 4 luglio 1914, partivano due frati della Provincia piemontese, p. Gioachino Pecchio e fra Antonio Signori per ripristinare la presenza dei Servi di Maria nella zona10. Come è avvenuto che i frati dell'Ordine dei Servi ritornassero, dopo più di due secoli, a Marina di Massa?

Il primo accenno nelle fonti archivistiche di un interessamento dei Servi di Maria per il ritorno a Marina di Massa è in una lettera del 17 aprile 1914, scritta dall'allora Priore provinciale piemontese p. Giovannagnelo M. Demarchi al Priore generale p. Alessio M. Lépicier:

«Reverendissimo P. Generale.

dal vescovo di Massa-Carrara, che conosco da quando stavo ancora in Torino, mi fu offerto un convento; convento per modo di dire, e mi spiego. Un tram a vapore congiunge Massa ad un paesello in costruzione detto Marina, perché si trova proprio in riva al mare. La posizione è amena; vi è una magnifica spiaggia e una vasta pineta si' da un lato che dall'altro. Vi saranno una cinquantina di ville e diverse case sparse nella circostante pianura, in tutto una popolazione stabile di 2.500, che all'epoca dei bagni sale a circa 7.000 anime. La chiesa è centrale ma piccola, e la casa pure poco meschina e mal tenuta. Annesso alla casa vi è un orto con muro tutt’ intorno di circa 250 metri quadrati. Il vescovo ha già pronto il decreto per eriger la piccola chiesa in parrocchia e più che volentieri la affiderebbe a noi senza alcun onere o legame particolare eccetto la cura d'anime e gli annessi e connessi a questa cura. Attualmente ha un reddito netto di £. 1.000, più l'elemosina delle Messe e gl'incerti parrocchiali. Nella casa vi potrebbero stare solo due sacerdoti con un fratello laico, ma è certo che in pochi anni si potranno trovare i mezzi per edificare casa e chiesa.

Il prete che si trova adesso, il Vescovo ha i suoi motivi per licenziarlo e rimandarlo nella sua Diocesi, ciò che farà nei primi giorni del prossimo mese, e vorrebbe che io mandassi subito un sacerdote come provvisorio, senza impegno affatto di lasciarlo in seguito, se mai non volessimo stabilirci in quel luogo. Udite le sue ragioni, gli risposi che avrei subito scritto a Vostra Paternità Reverendissima, e che sarei stato quasi certo di aver il permesso di mandar uno appena il posto sia vacante, ma solo provvisoriamente. Gli feci notare che nella Dieta avremmo poi deciso sul quid faciendum. Così rimase contento.

Ora, per venire all'atto pratico, qualunque cosa mi si dica contro, io sarei di parere di mandare il padre Rattalino12.

È un uomo che ha i suoi difetti, ma ha pratica di cose parrocchiali, predica discretamente e sa anche trattare con il popolo. Di più offre sicurezza per riguardo ai costumi ed è anche di una indole più adatta per star da solo, o quasi, che in una comunità grande.

Prego Vostra Paternità Reverendissima a dar il consenso su quanto sopra esposto, ed anche con una certa sollecitudine, perché quell'ottimo Vescovo, attende da me una risposta favorevole per non stare sulle spine, poiché quel prete, dice di doverlo licenziare ad ogni modo, e non vorrebbe mettere un altro nel frattempo, che sarebbe, in caso di accettazione, tutto a nostro danno.

Posso anche dire che per parte della Provincia non vi saranno spese eccettuate quelle del viaggio e di qualche utensile per la casa. Il Vescovo farà ripulire a sue spese la casa, e altre buone persone daranno una mano per il resto. Fui ieri a vedere il luogo e a parlare con il Vescovo. La distanza dalla città dì Massa sarà di circa 5 chilometri (,..)».

L'origine di quella chiesa della quale si parla nella lettera del Provinciale risaliva a qualche decennio prima: domenica 29 settembre 1878 a Marina di Massa, in località "Dogana", fu posta la prima pietra dell'edificio sacro, su terreno donato dall'avvocato Francesco Tasso. Pochi mesi dopo, domenica 27 luglio 1879, la chiesetta veniva ufficialmente inaugurata e dedicata alla Madonna della Consolazione e a San Giuseppe ed in essa furono trasportate statue, marmi e suppellettili dalla chiesa di S. Leonardo al Frigido, che stava andando in rovina.

Per 18 anni la chiesa della "Dogana" fu officiata sporadicamente dal parroco del Mirteto, nella cui giurisdizione si trovava. Dal 1897 fu nominato il primo cappellano stabile, don Luigi Frizzotti, che dimorò regolarmente a Marina, come se fosse parroco. Solamente nel 1910, con bolla vescovile del 19 ottobre, la chiesa veniva eretta in parrocchia ( ma riconosciuta solo ecclesiasticamente): il primo parroco fu don Guglielmo Pizza  (probabilmente il sacerdote del quale si parla nella lettera del Demarchi).

Torniamo alla lettera del Demarchi, che ci fornisce interessanti indicazioni circa Marina di Massa in quel periodo, e ci fa vedere la decisa volontà del Provinciale di accettare la proposta del Vescovo di Massa. Ma il Priore generale, che rispondeva sollecitamente, il 20 aprile, non era dello stesso avviso del p. Demarchi:

«Carissimo P. Provinciale

ho ricevuto la sua lettera, e poiché quanto in essa mi propone e domanda è di una certa importanza e gravità ho voluto sentire in proposito il parere di PP Consultori. I quali, pur lodando il suo zelo per la dilatazione della Provincia, sono stati in maggioranza di parere contrario, tanto all'accettazione del luogo per parte dell'Ordine, come anche alla proposta di mandare colà provvisoriamente, benché senza impegno, il P. Rattalino.

Considerando, infatti, le condizioni attuali della Provincia, osservano che da una parte vi è non poca scarsezza di sacerdoti e dall'altra non manca davvero il da fare nei conventi che già abbiamo. A Monte Berico[4], per esempio, convento che ci deve stare molto a cuore, il p. Priore si lamenta per la deficienza di buoni Padri; ad Alessandria il solo attivo che vi sia è il p. Peracchia: a Verona bisogna pensare a provvedere dell'altro personale. Come allora prendere un altro posto dove due Religiosi andrebbero a vivere da preti secolari?

E qualora pure si perdesse una buona occasione, riflettono i pp. Consiglieri, altre e più importanti senza dubbio se ne presenteranno fra non molti anni per parte dei Vescovi, attesa la scarsità del clero sempre crescente.

E neppure possono approvare i pp. Consiglieri che il p. Rattalino sia mandato colà "ad interim", benché senza impegni, giacché ormai si sa dove vanno a finire queste misure temporanee: specialmente poi trattandosi appunto del p. Rattalino il quale è d'indole adatta, come Ella ben dice, più a star solo che in convento grande. Esso forse non se ne vorrebbe più tornar via, o almeno molto a malincuore lascerebbe un posto in cui si troverebbe a suo agio.

Attese queste riflessioni sono persuaso che anch'Ella converrà nella ragionevolezza di questa decisione, benché forse questa possa tornar sgradita all'Eccellentissimo Vescovo di Massa-Carrara (...)».

Il discorso, dopo la risposta del Priore generale sostenuto dal parere del suo Consiglio, pareva del tutto chiuso. Ma i Piemontesi sono coriacei... ed il p. Demarchi evidentemente tornava alla carica il mese successivo, quando era stata convocata la Dieta provinciale per i giorni 22-27 maggio a Torino, s. Carlo.

Durante i giorni della riunione ci furono varie occasioni di tornare sull'argomento e di parlarne direttamente, tra il Provinciale e il Priore generale. Infatti, tra le decisioni del nuovo Consiglio provinciale, troviamo l'accettazione (con nove favorevoli e nessun contrario, cioè all'unanimità!) della nuova presenza "ad experimentum"; il Priore generale, che evidentemente aveva cambiato opinione in quei giorni, aggiunse solamente un suggerimento per l'osservanza della vita religiosa della nuova comunità[5].

Probabilmente in quei giorni si parlò anche dei frati che avrebbero dovuto essere inviati a Marina di Massa. Probabilmente già in quei giorni il padre Alessio Rattalino veniva destinato alla fondazione in Argentina, per la quale partiva il 6 luglio con la nave "Tommaso di Savoia". Il 4 luglio il Provinciale scriveva da Genova al priore generale, comunicandogli di aver scritto al Rattalino

«comunicandogli in modo officiale la sua destinazione per l'Argentina. Finora non mi ha risposto, ma dato che si ritiri, manderò p. Pecchio, perché ormai bisogna andare ad impiantare l'Ordine in quel vasto mondo, costi quel che ha da costare».

Nella stessa lettera, comunque, il Demarchi diceva di voler mandare p. Pecchio:

«A Marina manderò poi il p. Pecchio a sperimentare, il quale mi dice che ha dei motivi per chiedere di essere traslocato. Sarebbe andato più volentieri in America, ma sembra molto contento di andare anche in quel luogo».

Circa il p. Pecchio, che risiedeva con lui nella comunità di Genova, il p. Provinciale aveva alcune riserve, che espresse due anni prima in una lettera scritta al Priore generale durante la visita canonica alla comunità ligure:

«Adesso sto facendo la visita in questo convento di Genova, e già sono venuto a scoprire che il p. Pecchio, oltre il "Momento", mandava a comperare quasi tutti i giorni il "Corriere della Sera". Sembra che da un po' di tempo in qua si astenga ma... ma... è un individuo in cui ci vedo poco chiaro. Ciò che mi dispiace ancora di più è un'avversione subdola del Priore e del p. Pecchio contro di me e contro il p. Civra perché ci mostriamo apertamente contrari al Semerianesimo[6], che quasi quasi chiamerei religione genovese, tanti sono i seguaci ed i difensori. Meno male se la cosa rimanesse in casa, ma noto verso di me una calcolata freddezza di parecchi giovani del circolo e anche di qualche parrocchiano, chi ne sarà la causa? Per ora non saprei precisare. Anzi alcuni dei più sfegatati ven dicendo fuori, con qual base io non lo so, che a non lungo andare io dovrò andare via ed il p. Pecchio sarà il parroco. Così ai Servi invece del direttore della "Liguria" potranno poi prendere per cappellano il p. Semeria. Questo l'aggiungo io».

Comunque il Demarchi sapeva anche rivedere il suo giudizio, e due anni dopo, proprio alla vigilia della richiesta del Vescovo di Marina, così scriveva al Priore generale:

«Finora l'unico, dei molti che furono in Genova e che vi sono, in cui trovi un valido aiuto è ancora il p. Pecchio».

Il 17 giugno 1914 il Provinciale piemontese scriveva ancora al Priore generale:

«Fra qualche giorno il p. Pecchio andrà a sperimentare la parrocchia di Marina. Gli mando come converso fr. Antonio Signori, al quale per l'occasione gli ho ridonato l'abito; e appena sarà preparato il posto, gli manderò anche fr. Giacomo Tamietti, che un po' per la sua lingua, un po' per la malattia che lo travaglia nessuno vuole».

Così, come già riferito, il 4 luglio partivano per Marina di Massa il p. Gioachino Pecchio e il fratello laico Antonio Signori. Non sappiamo quando i due siano stati raggiunti dal p. Michelangelo Enrici; comunque molto presto, poiché nel Registro di entrata e uscita della comunità, nel mese di agosto, è segnata la spesa per il "trasporto del baule p. Enrici: 11,50".

Interessanti sono anche le "entrare ed uscite straordinarie fatte in questo 2° semestre 1914", registrate a fine anno, che riporto integralmente:

 

Riporto £.

 

 

Ricevuto dal p. Provinciale come offerta

Offerta dei mons. Vescovo di Massa

Offerte per la bussola della chiesa

 

Biancheria per la casa

Mobilia

Stoviglie per la cucina

Oggetti vari per chiesa

Bussola di chiesa    

Muratore (390) - Inverniciatore (35)

Elettricista (29) - Vetraio (23) - Fabbro (47)

Letti e due materassi

Entrata

1157,55

 

100,00

200,00

200,00

 

Uscita

1072,90

 

 

 

 

 

214,00

229,00

87,00

56,00

300.00

425,00

99,00

118,00

                  

       E interessante osservare da queste cifre che i frati per se stessi spesero ben poco, preoccupati innanzitutto per la sistemazione della chiesa: inoltre, nonostante le offerte del Provinciale e del Vescovo di Massa, la comunità chiudeva l'anno 1914 in passivo di £. 943,35.

Concludo con due piccole note.

Il 28 settembre 1914, a meno di tre mesi dall'inizio dell'esperienza, il p. Pecchio scriveva al Priore generale, che aveva dimostrato di ricordarsi dei frati di Marina inviando loro alcuni libri di meditazione da lui composti:

«Reverendissimo Priore generale,

abbiamo ricevuti siano i libri per la meditazione, siano quelli della Paternità Vostra.

La ringraziamo sentitamente della gentilezza usataci e della memoria che conserva di questa casa. Speriamo pure, ed io per parte mia La sollecito, che presto essa venga definitivamente accettata per parte dell'Ordine. Allora, sicuri di rimanere, tutta la nostra attività a ristorare materialmente la casa, e i mezzi credo non mancheranno, e moralmente la Parrocchia.

La debbo infine io particolarmente ringraziare per quanto ha fatto per me, assecondando il mio desiderio di essere allontanato da Genova, senza che altri potesse averne a male.

Riceva tanti saluti ed ossequi da tutta la religiosa famiglia e baciandoLe il sacro abito della Vostra Paternità Reverendissima obbedientissimo

Fr. G. M. Pecchio»46.

Il giorno 8 ottobre il Priore provinciale compiva la prima visita canonica nella novella comunità, mentre il giorno 11 dicembre il Priore provinciale p. Pecchio riferiva al Consiglio generalizio la situazione della comunità, affermando che i due sacerdoti

«si prodigano di buon animo per quel popolo (...) non senza esito consolante e approvazione generale. Annualmente le entrate certe sono £. 600; quelle incerte sono di circa £. 25 settimanali. Una troppo piccola chiesa e una casa piccola devono in breve tempo lasciare spazio ad altre più grandi; e non mancano parrocchiani ricchi che danno speranza di aiutare».

Durante la seduta del Consiglio, si decide di attendere per la accettazione del luogo da parte dell'Ordine, fino a quando il Provinciale avrà raccolto tutti i documenti.

Solamente nel 1919, il 23 aprile, verrà stipulata la Convenzione fra il vescovo di Massa ed il Priore generale p. Lépicier per la consegna e l'accettazione della parrocchia, che nel 1922 veniva riconosciuta anche civilmente.

 

[1] AGOSM, Negotia Religionis a saec. XVII 167, p. 381-383. Nel testo vengono anche indicate le entrate certe (come i possedimenti in terreni), le entrate incerte dovute alla questua di grano, biada, olio, miglio, castagne, "e quando più quando meno, conforme all'annate buone, o cattive, lana, lino, canepa, pane"; la comunità possedeva pure due vacche, "una muta, e due cavalli per uso della fabbrica" e "due cavalli a metà"; inoltre vengono indicate le uscite del convento, le spese per i sei frati, per i serventi, per il vestiario, i medicinali, medico e barbiere, "per la spesa della mula, e cavalli (scudi 20) ". Alla fine della relazione i frati con giuramento solenne affermano essere vere le notizie riportate nell'inchiesta, stilata il 22 settembre 1650.

 

[2] "Restò servita Vostra Signoria Illustrissima l'anno scorso 1689 sotto li 7 maggio concedere al Priore e Frati del Convento di s. Giuseppe di Massa dell 'Ordine de ' Servi di Maria Vergine, che per evitare il pericolo dell’aria poco salubre, ed escrescenza del fiume potessero erigere un Ospizio in Massa, o suo Distretto a casa a pigione, come è seguito. Ma perché si considera, che non possono gl’Oratori medesimi vivere con l'osservanza regolare, se l'habìtatìone non è disposta alla forma, e uso de' Conventi, e questo non è praticabile nelle case fabricate da ' secolari; però desiderosi lì prenominati Priore e Frati di adempire il loro debito e vivere secondo l'Istituto della loro Religione, ricorrono di nuovo alla pietà di Vostra Signoria Illustrissima, perché si compiaccia di concederli che passino fondare e costruire un Ospizio nel campo e sito di Camporimaldo proprio degl'Oratori". La risposta, anche in questo caso, fu positiva: "(...) Facultatem petitam construendi, et fundandi in dicto proprio praedio praenominati Conventus Hospìtìum una cum Oratorio servata forma Sacrorum Canonum, et Constitutionum Apostolicarum benigne concedìmus, et ìmpertìmur. Dat. Massae Lunen, Sarzanen. Diocesìs hoc die 8 augusti 1690": Ibid.

[3] // Priore e Frali dei Convento di Maria Vergine Addolorala di Massa humìlmente espongono a Vostra Signorìa Illustrissima, come in tutta la loro Religione si costuma nella terza domenica di settembre celebrarsi la festa de' Dolori di detta Vergine, e da' Sommi Pontefici è concessa Indulgenza plenaria a chi interviene alla processione solenne pur consueta farsi in tal giorno, portandosi la statua di nostra Signora Addolorata, e secondo tal rito lo facevano gl'Oratori fuori della clausura, quando stavano nel Convento dì s. Giuseppe su la spiaggia di Massa, coni 'è notorio. Presentemente, essendo passali dal mare in Camporìmaldo con tutti lì privilegi, e dovendo secondo il loro Istituto continuare ogn'anno la stessa dìvotione, implorano riverentemente la Beneditione di Vostra Signoria Illustrissima a gloria di Dio, e profitto speciale de ' Popoli, e supplicano Vostra Signoria Illustrissima dì quanto sopra hanno esposto e le fanno profonda riverenza ". AGOSM. Set- Annalistica, Filza Q3, III. 5.

 

[4] I Conventi di Monte Berico e di Verona appartenevano ancora alla Provincia piemontese: il 18 marzo 1915 veniva eretto il Rettorato veneto, che passava ad essere Provincia nel 1922: ROSSI A. M.. Manuale di storia dell 'ordine dei Servi di Maria ( 1233-1954). Roma 1956, pag. 243-244.

 

[5] "Siccome l'Eccellentissimo signor Giovanni Marenco, vescovo di Massa, ha offerto a questa Provìncia
un luogo chiamato popolarmente "Marina di Massa Carrara", i cui abitanti sono almeno 2.500, e nell'estate
fino a 6.000, perché ne prenda cura d'anime, il venerabile Definitorio con 9 voti favorevoli decise di poterlo
accettare "ad experimentum ", con la possibilità di lasciare l'incarico fino a che la parrocchia non sia formal
mente e definitivamente accettata. Il Reverendissimo Priore generale aggiunse anche un 'altra condizione, che
i frati che saranno inviati, se saranno almeno due, dovranno soddisfare quotidianamente gli obblighi corali
ecc. " AGOSM
. Reg. PP. Gen. 49, p. 284-286, Atti del capitolo provinciale 1914.

[6] Circa p. Giovanni Semeria, sacerdote Barnabita ( 1867-1931 ), cfr. Enciclopedia italiana XXXI, p. 344. Noto predicatore, per un certo periodo di tempo risiedette a Genova. Qui fu sospettato di modernismo, e nel settembre 1912 per questa ragione venne trasferito dai superiori a Bruxelles. Il p. Demarchi scriveva proprio nei mesi più "caldi" della querelle.